Quarto album da studio dei Genesis, “Foxtrot” è considerato da molti appassionati non solo il loro primo, vero capolavoro ma anche il disco migliore della loro carriera (io comunque lo metterei alla pari col successivo “Selling England By The Pound”). Prima d’addentrarci in una recensione semiseria, però, è forse il caso d’accennare alla formazione della band inglese che lo ha realizzato: Tony Banks (organo, mellotron, piano, chitarra a 12 corde, voci), Steve Hackett (chitarra elettrica, chitarre acustiche a 6 e 12 corde), Phil Collins (batteria, percussioni, voci), Peter Gabriel (voce principale, flauto, percussioni, oboe) e Mike Rutherford (basso, chitarra a 12 corde, voci, violoncello).
“Foxtrot” inizia con Watcher Of The Skies, pulsante e lungo brano la cui introduzione per organo e sintetizzatore, piuttosto dolente, sembra riecheggiare le composizioni di J. S. Bach. Segue la stupenda ballata pianistica di Time Table, canzone fra le più melodiche dell’era Gabriel dei Genesis; una gemma che avrebbe dovuto meritare molto più spazio nelle raccolte antologiche del gruppo.
Get ‘Em Out By Friday è un rocambolesco brano prossimo ai nove minuti: in puro stile progressive, Get ‘Em Out cambia più volte tempo e melodia, ad ennesima dimostrazione della grande versatilità di questa band. Il pezzo successivo è Can-Utility And The Coastliners, caratterizzato da un’altra memorabile melodia: sicuramente uno dei brani migliori dei Genesis alle prese col genere progressive, vede un arrangiamento perfettamente equilibrato fra parti di chitarra e di tastiera. Segue quindi Horizons, un delizioso brano strumentale, una gemma acustica che dura poco più d’un minuto e mezzo e che chiude splendidamente la prima facciata dell’elleppì originale di “Foxtrot”.
Sulla seconda facciata troviamo invece un solo brano, Supper’s Ready, una straordinaria suite della durata di ventitré minuti. Questo brano da antologia è a sua volta diviso in sette parti, tutte collegate fra loro: (i) la prima, Lover’s Leap, è quella che più apprezzo, con la voce più volte raddoppiata di Peter semplicemente fantastica, con quell’arpeggio di chitarra continuo che sorregge un andamento dolce e sognante; (ii) The Guaranteed Eternal Sanctuary Man è leggermente più ritmata & epica, con una melodia che sembra portarci lentamente alla deriva; sul finale c’è una bellissima ripresa strumentale del tema di Lover’s Leap, eseguita col flauto; (iii) Ikhnaton And Itsacon And Their Band Of Merry Men è invece assai più movimentata, anche se il tutto sembra fungere da introduzione per la parte successiva, (iv) How Dare I Be So Beautiful?, un brano lento e dolente registrato più basso (sembra quasi che Peter Gabriel stia cantando una confessione); (v) e se Willow Farm è caratterizzata da uno stile vigoroso & alquanto beatlesiano, (vi) Apocalypse In 9/8 presenta invece un ritmo più epico (soprattutto nella sezione cantata) e saltellante (specie nell’interludio strumentale centrale), finché, con uno scampanellio vagamente natalizio, viene ripreso per la seconda volta il tema iniziale di Lover’s Leap; (vii) il tutto è infine legato alla settima parte della suite, As Sure As Eggs Is Eggs (Aching Men’s Feet), a sua volta un’epica ripresa della seconda parte.
In complesso, come detto, Supper’s Ready presenta ventitré minuti di grande abilità tecnica & inventiva melodica che contribuiscono a fare di questo “Foxtrot” uno dei più fulgidi ed originali esempi dell’era progressive del rock inglese.