Michael Jackson, 60 anni dopo

michael jackson 60 anni dopo“Il ritorno dell’iperbarico”, titolava nel 2001 una delle peggiori riviste musicali che io abbia mai avuto il dispiacere di leggere, ovvero “Musica”, un orrido inserto settimanale in abbinamento al quotidiano La Repubblica di quegli anni. Il titolo di quell’infelice articolo, edito in occasione dell’uscita dell’album “Invincible” di Michael Jackson, era riferito a una delle tante leggende metropolitane che attorniavano il celebre cantante, ovvero che dormisse in una camera iperbarica per mantenersi sempre giovane. Mi fa davvero piacere constatare come oggi “Musica” non ci sia più, e anche da un bel po’ di anni, mentre per quanto riguarda Michael Jackson siamo ancora qui a parlarne. Certo, anche lui non c’è più, ma soltanto dal punto di vista fisico, perché la sua musica, i suoi dischi, i suoi videoclip, le sue canzoni sono davvero ovunque. Michael Jackson è perfino in “nuovi” brani d’alta classifica, come in Low di Lenny Kravitz e ancora con più evidenza in Don’t Matter To Me di Drake. Senza poi contare tutta la musica pop che – nel bene o nel male – ascoltiamo alla radio e (soprattutto) guardiamo in televisione: i riferimenti allo stile di Michael, voluti o meno, sono molteplici ed evidentissimi.

Ebbene, proprio oggi Michael Jackson avrebbe compiuto sessant’anni. Come sappiamo tutti, però, è prematuramente venuto a mancare in un maledetto giorno di fine giugno di nove anni fa, proprio alla vigilia d’un tour concertistico che ne avrebbe rivitalizzato la carriera. Carriera che, paradossalmente, è invece stata rivitalizzata da quella morte così inaspettata che ha letteralmente scioccato il mondo intero. Non riesco a immaginarmi un Michael Jackson sessantenne, non so proprio che cosa ne sarebbe stata della sua vita privata e della sua vicenda artistica se fosse sopravvissuto a quel fatidico arresto cardiaco. Questo perché la morte di Michael è stata qualcosa di così scioccante per il sottoscritto da rappresentare inesorabilmente un qualcosa di definitivo. Non c’è scampo, non si torna indietro.

La musica di Michael Jackson è però ovunque, e non solo nei dischi che ho a casa mia, e non solo nei già citati pezzi di Kravitz e di Drake; basta accendere la radio, sintonizzarsi in una stazione qualsiasi, in un orario qualsiasi, in un giorno a caso, e prima o poi un pezzo di Michael spunta fuori. Proprio qualche giorno fa, su R101, ho riascoltato Billie Jean ma posso ben testimoniare di essermi imbattuto, soltanto in queste ultime settimane, in brani come The Way You Make Me Feel, Man In The Mirror e Love Never Felt So Good (altro pezzo riemerso per la posterità, grazie a Justin Timberlake) mentre viaggiavo in macchina o facevo la spesa al supermercato.

E se ne continua a parlare. E non più come di un mostro, come faceva “Musica” e chissà quanti altri in quegli anni, ma – come è sacrosanto che sia – come di un grande. Un grande artista, un grande personaggio, un imprescindibile uomo di spettacolo che ha lasciato una traccia profonda nel nostro immaginario collettivo, che la cosa ci piaccia o meno. Uno che sta a buon diritto sullo stesso piano dei Beatles, di Elvis Presley, di Frank Sinatra e di pochi, pochissimi altri. Buon compleanno, Michael. – Matteo Aceto

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John Lennon, presto un cofanetto deluxe per celebrare l’album “Imagine”

Se ne parlava già da qualche settimana, anche se l’ufficialità è giunta solo ieri: il prossimo 4 ottobre la Universal distribuirà sul mercato discografico tutta una serie di nuove edizioni di “Imagine“, l’album più celebre del John Lennon solista, originariamente pubblicato nel 1971. Sarà infatti disponibile in ciddì, in doppio ciddì, in doppio vinile, in doppio vinile trasparente (in edizione limitata) e soprattutto sotto forma di corposo cofanetto da ben sei dischi (4 ciddì + 2 blu-ray). Senza poi contare la pubblicazione ad hoc di due libri (l’uno è l’edizione deluxe dell’altro) e un nuovo film-documentario, disponibile sia in dvd che blu-ray.

john lennon imagine ultimate deluxe box 6 discDa autentico fanatico dei Beatles & relativi, l’edizione che mi fa venire l’acquolina alla bocca è ovviamente il cofanettone da sei dischi (foto accanto), che promette dunque “133 brani in Alta Definizione, Studio Quality 96kHz/24bit audio in 5.1 Surround Sound, 4.0 Quadrasonic, Stereo & Mono” distribuiti sui due blu-ray e “61 brani con risoluzione 44.1kHz/16bit sia in Stereo che in mono” distribuiti sui quattro ciddì. Oltre a un bel librettone da 120 pagine. Insomma, tanta roba, come si dice al giorno d’oggi. Anche perché, ricordiamolo, l’album originale del 1971 include “soltanto” dieci brani.

Scendendo più in dettaglio, questa che è stata intitolata “Imagine – The Ultimate Collection” offre un’esperienza sonora davvero unica, ovvero la possibilità di ascoltare con maniacale minuzia di particolari ogni aspetto dell’album più famoso di Lennon: dai demo iniziali alle versioni definitive delle canzoni, passando per le varie fasi di registrazione (anche attraverso passaggi dal vivo in studio, com’era tipico dell’etica beatlesiana, del resto), le tracce vocali e/o strumentali isolate (ad esempio i soli archi di Imagine o la sola voce di John su Love) e le versioni alternative dei brani, compresi quei singoli usciti sempre nel ’71 ma non inclusi nell’album, come Power To The People e la celeberrima Happy Xmas (War Is Over). Sarà anche possibile ascoltare “Imagine” in sistema surround 5.1, credo una novità assoluta, mentre è stato ripescato e opportunamente remasterizzato l’originale mix quadrifonico dell’epoca, uscito solo in quel 1971 e mai riproposto successivamente.

C’è da ammettere, tuttavia, che – tra i due blu-ray e i sei ciddì – molto del materiale presente in questo cofanettone viene inesorabilmente duplicato, senza poi contare quelle versioni alternative presenti anche nella “Lennon Anthology” del 1998 e quindi note ai fan da almeno vent’anni. Ad ogni modo, pare proprio che la maggior parte del materiale “inedito” del cofanetto sia davvero inedito alle nostre orecchie, perché comprensivo delle istruzioni date in studio ai musicisti e di passaggi più lunghi che magari erano stati precedentemente editati. Insomma, con questo cofanetto – e con il prezzo che si paga per portarsene una copia a casa, credo un centinaio buono di euro – si dovrebbe ascoltare (e con una definizione letteralmente inaudita prima) davvero tutto quello che c’è da ascoltare tra i nastri incisi da John Lennon e i suoi collaboratori in quell’ormai remoto 1971.

Collaboratori tra cui spicca ovviamente Yoko Ono, che ha autorizzato e permesso il tutto (senza di lei, è chiaro, non si sarebbe andati da nessuna parte). Sarà anche la prima volta in cui la canzone Imagine comparirà accreditata anche a lei; com’è noto, all’inizio dell’anno, la Ono ha ufficialmente ottenuto il riconoscimento di coautrice dello storico brano, cosa che del resto parlava lo stesso John in tempi non sospetti. Il motivo è la prosecuzione nel corso degli anni dei diritti di copyright quando l’ultimo degli autori di una canzone (la Ono, in questo caso, essendo Lennon prematuramente scomparso nel 1980) viene a mancare da questo mondo. Insomma, gli eredi Lennon-Ono potranno beneficiare dei proventi di Imagine per molti altri decenni in futuro. – Matteo Aceto

Idee per un post di mezz’estate

Tornando ad occuparmi di questo modesto blog, colpevolmente dimenticato negli ultimi tempi, ho notato con un certo stupore che, nello scorso mese di luglio, sebbene io non vi abbia scritto un solo post che è uno, Immagine Pubblica ha fatto segnare il record di visite da quando è tornato online, su questa piattaforma, nel febbraio 2016. Insomma, questo blog va ormai avanti anche da solo, come una sorta di Frankenstein che mi diletta & mi atterrisce a un tempo.

Non ho ancora detto l’ultima parola, ovviamente, perché di idee per post futuri me ne restano parecchie (e alcune, ahimè, giacciono fra le bozze da diversi mesi); è che di recente sono diventato papà per la seconda volta, per cui di tempo per mettersi a scrivere con un certo criterio me ne resta davvero pochino. Tanto per dirne una, ho finalmente comprato le famose “Goldberg Variations” di Johann Sebastian Bach eseguite da Glenn Gould; ebbene, su tre volte che ho messo il ciddì nel lettore, quella santa donna di mia moglie ha richiesto il mio aiuto casalingo esattamente tre volte. Va bene così, ovviamente, ci sono delle priorità nella vita. E sono contentissimo per l’arrivo del bambino. Fatto sta che, però, non sono ancora riuscito ad ascoltarmi come si deve, e per intero, quel celebre & celebrato lavoro del pianista canadese. Se pensavo di scrivere un post ad hoc sulle “Goldberg Variations” si sarà da aspettare, ecco.

Così come nel caso de “La Dolce Vita” di Federico Fellini, che ho avuto modo di rivedermi su divuddì negli ultimi tempi (quasi tre ore di film spalmate nell’arco di una settimana, tanto per dire): pensavo di scriverne un post, finalmente, ma ad oggi ho già perso l’ispirazione migliore. Voglio dire, parlando d’un capolavoro del cinema come quello, non me la sento di buttare giù le prime righe che mi vengono in mente tanto per aggiornare questo blog.

Mi auguro comunque di tornare presto in azione, magari già nel corso di agosto o più probabilmente a settembre, un mese per me sempre molto caro, un mese che mi ha dato sempre la sensazione della ripartenza, della vita che ricomincia. E così, che altro dire, buona prosecuzione d’estate a tutti, ci aggiorniamo quanto prima. – Matteo Aceto