C’erano cose che volevo dire…

Aspettando l’ispirazione necessaria a completare un terzetto di post che giace fra le bozze di Immagine Pubblica da fin troppo tempo, ecco un po’ di cose che volevo dire (beh, vabbè, scrivere…) senza occupare molto spazio per ognuna di esse. L’ordine è del tutto casuale & opinabile, i vari punti che seguono non hanno nessuna precisa connessione fra di loro… in generale si parla di musica, film & libri… ma tu guarda un po’!

I Genesis sono entrati nella Rock and Roll Hall of Fame… e ‘sti cazzi, potrebbe dire qualcuno. In effetti, anche a me, queste cerimonie, queste parate oserei dire, mi lasciano sempre abbastanza indifferente. Tuttavia, mi ha fatto piacere rivedere Steve Hackett assieme ai vecchi colleghi Tony Banks, Phil Collins e Mike Rutherford. Mancava il solito Peter Gabriel, impegnato coi preparativi del suo tour, così s’è detto… certo che una serata a mangiare & bere in un albergo di New York non è che lo avrebbe intralciato più di tanto. Un po’ stronzo, dài. A parte tutto, comunque, mi piacerebbe proprio sentire un nuovo disco realizzato dalla combinazione (chi c’è c’è, non me ne importa nulla) di questi signori.

Ho visto il tanto atteso “Alice In Wonderland” di Tim Burton, ovviamente in 3D… che dire… un po’ deludente. A volte manca proprio ritmo & tensione narrativa, il 3D non è che qui compie chissà quali prodigi, il tutto è un po’ troppo colorato per un film di Burton. Ok, è una produzione Disney, ma resta pur sempre un film di Tim Burton. Insomma, sì, mi aspettavo di più.

Dopo aver visto l’episodio Agenzia matrimoniale tratto dal film “L’amore in città”, ho finalmente visto TUTTE le opere filmiche girate da Federico Fellini! Mi ero promesso di approfondire alcune di queste singole visioni in specifici post ma ammetto di non averlo ancora fatto. E’ che, vedendo & rivedendo le opere di Fellini, scopro ogni volta qualcosa in più, per cui correrei il rischio di scrivere qualcosa che poi andrebbe corretto di lì a poco. Ci proverò comunque, probabilmente mi serve più tempo.

Ovviamente sono felicissimo per la doppietta Ferrari allo scorso GP del Bahrain, il primo della stagione. La prima vittoria di Fernando Alonso, al debutto in Ferrari. Sono soddisfazioni (soprattutto dopo un’annata deludente come quella del 2009)!

Ho sentito l’ultimo disco dei Gorillaz, “Plastic Beach”… non male… sono rimasto particolarmente colpito da Stylo, edito come primo singolo. Stavo addirittura per comprarmelo, “Plastic Beach”, l’avevo già preso e mi stavo perfino dirigendo alla cassa per pagare. Poi ho pensato ai quindici euro & novanta necessari all’acquisto e ho pensato subito dopo che erano troppi per un disco del genere. Ci ripenserò non appena lo metteranno nella categoria ‘nice price’.

La Beggars Banquet ha da poco ristampato alcuni suoi titoli in formato deluxe; le nuove edizioni si chiamano ‘Omnibus Edition’ e, fra quelle che ho potuto vedere nelle rivendite, vi sono alcuni dischi dei Bauhaus e alcuni dei Cult. In particolare, di questi ultimi è stata riproposta una versione di “Love” comprendente ben quattro ciddì: uno con l’album originale, uno coi brani aggiunti, uno con demo & rarità e infine un altro con un concerto dell’epoca. E il prezzo era molto interessante, ventitré euro per quattro dischi… pur avendo già il ciddì standard di “Love” ci farò un pensierino.

Sto faticosamente leggendo “Scritti corsari” di Pier Paolo Pasolini: allora, il libro – che è una raccolta di articoli che il nostro scrisse fra il 1973 e il ’75 per varie testate editoriali – è assai illuminante e profetico. Una lettura piuttosto amara, avara però d’ironia e di leggerezza che mi ha fatto rallentare di molto lo scorrere dei miei occhi sulle pagine di “Scritti corsari”. Ho però l’intenzione di finirlo a breve.

Sono arrivato all’inquietante peso degli ottanta chilogrammi, un record per me. Mi sa che un ritorno in palestra (l’ultima volta risale al 2006) mi farebbe un gran bene…

Infine, per concludere, sono sicuro che non pubblicherò un altro post prima di Pasqua, per cui… ne approfitto ora per augurare buona Pasqua a tutti quelli che mi hanno seguito fin qui. Alla prossima, ciao! – Matteo Aceto

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Bauhaus: la storia e gli album della band

bauhaus-immagine-pubblicaUna delle band alle quali sono più affezionato e a cui più tengo – anche se non la ascolto propriamente dalla mattina alla sera – sono gli inglesi Bauhaus, originari di Northampton. Amo molto la loro unica commistione fra etica punk e rock teatrale, il loro essere dark senza però scadere nel manierismo del genere.

La storia di questo gruppo inizia nel 1978 quando due compagni di scuola, Peter Murphy (voce) e Daniel Ash (chitarra), uniscono le forze a quelle dei fratelli David J e Kevin Haskins (rispettivamente bassista e batterista), per formare i Bauhaus 1919, dal nome della storica scuola d’arte tedesca. Nel corso del ’79 il nome diventa definitivamente Bauhaus e il quartetto pubblica per una piccola etichetta, la Small Wonder, già il suo capolavoro, il singolo autoprodotto Bela Lugosi’s Dead. Questo disco (sulla facciata A c’è appunto Bela Lugosi’s Dead, sulla facciata B troviamo Boys e una versione embrionale di Dark Entries, peraltro non accreditata sulla confezione) è un’autentica pietra miliare del rock: dà praticamente il via al filone gothic rock, anche se i Bauhaus non gradiranno mai quest’etichetta, definendosi tuttalpiù una band di dark rock ‘n’ roll. Bela Lugosi’s Dead, dedicata al celebre attore Bela Lugosi (interprete hollywoodiano di fortunate pellicole dedicate al conte Dracula negli anni Venti e Trenta), è un originale intreccio tra rock, progressive, cabaret, noise e dark che dura oltre nove minuti… e se poi pensiamo che, rispettosi dell’etica punk, il singolo è stato autoprodotto da questi ragazzi con un’età compresa tra i 19 e i 22 anni, il tutto è ancora più strabiliante.

Un tale singolo non può passare certamente inosservato e così, nel 1980, i Bauhaus firmano per la celebre etichetta alternativa 4AD che, nel corso dell’anno, pubblica quindi il primo album della band, “In The Flat Field”: un disco selvaggio, irrequieto, originale, come l’approccio strumentale del trio Ash-Haskins-Haskins e la voce incredibile di Murphy, una delle più belle che io abbia mai ascoltato in ambito pop-rock.

Nel 1981 è la volta di “Mask”, album che segna un ulteriore progresso nel sound dei Bauhaus: entrano elementi funky (Kick In The Eye e In Fear Of Fear) ma anche brani più lenti e atmosferici, come la tetra e bellissima Hollow Hills. A partire da quel 1981, inoltre, i dischi dei Bauhaus iniziarono ad essere pubblicati dalla casamadre della 4AD, ovvero la Beggars Banquet. Nell’82 esce così quello che secondo me è l’album più riuscito dei Bauhaus, “The Sky’s Gone Out”, contenente brani di incredibile forza e originalità espressiva come Silent Hedges, Swing The Heartache, Spirit e la fantastica All We Ever Wanted. Anche il singolo di quell’anno, non pubblicato su album, Lagartija Nick, è una delle esperienze sonore più convincenti & esaltanti della band, così come la potente cover di Ziggy Stardust di David Bowie (uno dei miti della band assieme a Elvis Presley, Iggy Pop e Syd Barrett), pubblicata anch’essa come singolo nel 1982.

Purtroppo il bel gioco dura poco e le crepe avanzano nel corso dell’83: Peter si ammala durante le sessioni del quarto album ma gli altri continuano senza di lui, cantando a turno le proprie canzoni, accreditate però come sempre alla firma collettiva Bauhaus. Quando Peter torna, presenta le sue canzoni, canta dov’è richiesto e ne esce fuori un album comunque bello, “Burning From The Inside”, con una copertina indimenticabile. I brani degni di nota sono la stupenda She’s In Parties (dark rock che si fonde con sonorità dub-reggae), Who Killer Mr. Moonlight (cantata da David J), la malinconica Kingdom’s Coming e la conclusiva Burning From The Inside, un crudo rock lungo nove minuti dove Peter urla ossessivamente ‘never more’ (mai più).

Nel 1983, dopo un’ultima serie di concerti e un prezioso regalo ai membri del fan club (il singolo inedito The Sanity Assassin / Spirit In The Sky), i Bauhaus giungono così all’inevitabile scioglimento. In un primo momento, Daniel Ash fonda i Tones On Tail (ai quali si unirà anche Kevin Haskins), poi, nel 1985, esce il primo album dei Love And Rockets, ovvero i due fratelli Haskins con lo stesso Ash, ovvero ancora i trequarti dei Bauhaus. E Peter Murphy? Nel 1984 dà vita ai Dalis Car col grande bassista Mick Karn (libero giacché anche la sua band, i Japan capitanati da David Sylvian, s’è ormai sciolta): il duo pubblica l’interessante “The Waking Hour” ma poi ognuno per sé, con la carriera di Peter che va a gonfie vele anche oggi, dopo oltre trent’anni di attività solista.

La nostalgia dei Bauhaus è comunque dura a morire: nel 1985 esce uno straordinario doppio elleppì, “Bauhaus 1979-1983”, che include i singoli non pubblicati sugli album (come la magnifica Double Dare), gli estratti dagli album e l’inedita (tranne per i membri del fan club) & tosta The Sanity Assassin. L’anno seguente, “Bauhaus 1979-1983” viene stampato con brani aggiunti in due distinti ciddì, “Volume One” e “Volume Two”… da avere assolutamente per chi vuole ritenersi ammiratore dei Bauhaus!

Gli anni passano, le ferite rimarginano, le fratture si ricompongono e i Bauhaus risorgono nel 1998 con il Resurrection Tour, in giro trionfalmente in tutto il mondo. Nello stesso anno esce una formidabile raccolta, “Crackle”, che risveglia l’interesse per i Bauhaus: la Beggars Banquet, infatti, ristampa tutti gli album del gruppo, compreso il live del 1982 “Press The Eject And Give Me The Tape”, con tracce aggiunte di notevole interesse (praticamente tutti i lati A e B dei vari singoli). Nel ’99 esce invece “Gotham”, un doppio ciddì registrato a New York che testimonia ancora una volta la grandezza dal vivo dei Bauhaus: inutile dirvi che si tratta d’un disco essenziale, impreziosito anche dal primo inedito in studio dei Bauhaus dal 1983, ovvero la cover di Severance dei Dead Can Dance.

Dopo altri progetti solistici (Peter Murphy lo seguo sempre, ho tutti i suoi dischi…), i Bauhaus tornano per una serie di concerti nel 2006, presentando anche alcuni nuovi brani. E’ il preludio ad una reunion più prolifica che porta la band nuovamente in studio per un quinto – e a quanto pare conclusivo – album, “Go Away White”, pubblicato nel marzo 2008. (ultimo aggiornamento: 28 agosto 2018) – Matteo Aceto