Oggi 5 settembre, Farouk Bulsara avrebbe compiuto sessantanni. Avrebbe, se una terribile malattia chiamata AIDS non l’avesse strappato a quella vita che tanto amava, il 24 novembre 1991. Farouk Bulsara è conosciuto come Freddie Mercury, il carismatico & inimitabile & fantasioso leader dei Queen, una delle più eccitanti rock band mai apparse sul pianeta.
Nato nel 1946 sull’isola africana di Zanzibar, Freddie è il primogenito di Bomi e Jer Bulsara, impiegati di origine iraniana al servizio dell’impero britannico. Qualche anno dopo gli nasce una sorella, Kashmira, ma a causa della rivolta anticoloniale in Zanzibar, la famiglia Bulsara ripara in India e poi a Londra nella seconda metà degli anni Sessanta. E’ qui che grazie all’amico Tim Staffel, cantante e bassista degli Smile, Freddie conosce gli altri due componenti del gruppo, il chitarrista Brian May e il batterista Roger Taylor. Nel frattempo, il giovane Bulsara canta e suona il piano in diverse formazioni, tra le quali Ibex e Wreckage, anche se lega sempre più con May e Taylor. Infatti, quando Staffel decide di cambiare aria, i due si rivolgono proprio a Mercury (che adotta questo nome d’arte in onore al messaggero degli dei, Mercurio) per fargli assumere il ruolo di cantante.
La band, su proposta di Freddie, cambia quindi nome in Queen e nel corso del 1970 inizia a suonare un po’ in giro con vari bassisti. La formazione diventa finalmente stabile nel 1971 con l’arrivo di John Deacon, anche se il primo album della band, l’omonimo “Queen“, vede la luce solo nel ’73. Nel frattempo, Freddie accetta di partecipare come cantante e pianista a un singolo accreditato ad un tale Larry Lurex (parodia di Gary Glitter, allora in voga come emulatore di David Bowie e dei lustrini del glam): i brani sono due, I Can Hear Music (cover dei Beach Boys) e Goin’ Back (cover di Carole King), e si avvalgono della collaborazione degli stessi Brian e Roger.
Nel marzo del 1974 esce il secondo album dei Queen, “Queen II“, che rappresenta già una pietra miliare nella loro discografia: il suono è già quello, l’incisione è tecnicamente perfetta, la voce di Freddie è già la più bella del mondo, canzoni come The March Of The Black Queen, Ogre Battle, Father And Son, White Queen e il singolo Seven Seas Of Rhye sono già mature e indimenticabili. Ma la band non riposa sugli allori: a novembre esce “Sheer Heart Attack” che si piazza al 5° posto della classifica inglese, mentre il singolo Killer Queen raggiunge il 2° posto.
La scalata è inarrestabile: nell’ottobre 1975 esce Bohemian Rhapsody, uno dei singoli più strepitosi della storia del rock (scritto da Freddie come gran parte dei singoli precedenti dei Queen), che vola al 1° posto della classifica inglese, trascinando con sé il successivo album “A Night At The Opera“. L’anno dopo esce “A Day At The Races”, che per la seconda volta consecutiva consegna il 1° posto per gli album ai Queen: le canzoni più belle, manco a dirlo, sono di Freddie, ovvero Somebody To Love e You Take My Breath Away.
In quegli anni esplode il punk e i Queen, assieme a Genesis, Pink Floyd, Led Zeppelin e Yes sono visti come dinosauri ormai surclassati: i Queen se ne fregano e pubblicano la loro risposta nel 1977, “News Of The World”, contenente il pezzo più popolare di Freddie, We Are The Champions, che è tutto dire. In seguito i Queen pubblicano l’album “Jazz” (1978), il doppio dal vivo “Live Killers” (1979), l’album “The Game” (1980), la colonna sonora di “Flash Gordon” (1980) e la stupenda raccolta “Greatest Hits” (1981), tutti grossi successi internazionali che proiettano i Queen nell’olimpo del rock e fanno di Freddie Mercury una vera icona.
Dopo la sbornia rock che culmina col fantastico singolo Under Pressure (ottobre ’81), una collaborazione tra i Queen e David Bowie, Freddie decide di cambiare strada. S’innamora della disco music, delle grandi regine del soul e diventa amico di Michael Jackson. Sempre più intensa è la frequentazione di Freddie dei club e dei locali omosessuali disseminati tra Londra, New York e Monaco di Baviera. La sfrenata vita mondana e notturna di Mercury si riflette nel nuovo album dei Queen, “Hot Space” (1982), che tuttavia genera disaffezione tra i fan storici e metallari del gruppo. Nel 1983 Freddie inizia a concepire il suo primo album solista: nascono collaborazioni importanti con Giorgio Moroder (i due realizzeranno la bellissima Love Kills), con Rod Stewart – anche se i due preferiscono andare a fare casino in giro con Elton John piuttosto che collaborare in studio – e con Michael Jackson (ma i due brani incisi in forma di demo, State Of Shock e There Must Be More To Life Than This sono ancora ufficialmente inediti in quella forma).
Intanto, a Los Angeles, prendono avvio i preparativi del prossimo album dei Queen, il potente “The Works”, che vede la luce al principio del 1984 dopo essere stato preceduto dall’immenso singolo Radio Ga Ga (dicembre ’83). Nell’album è inclusa anche It’s A Hard Life, uno dei brani più belli e appassionati di Freddie. Il primo album solista di Mercury, invece, “Mr. Bad Guy“, vede la luce nel maggio ’85, anticipato dalla stupenda I Was Born To Love You. L’album contiene altre perle come Made In Heaven, Man Made Paradise (suonata dai Queen, così come la loro presenza è evidente in altri brani ‘solisti’), Living On My Own e Love Me Like There’s No Tomorrow.
Freddie torna comunque all’ovile in luglio, quando i Queen la fanno da padroni assoluti all’ormai storico concerto del Live Aid: una performance di fuoco che ravviva i Queen e li porta ad incidere del nuovo materiale, primo del quale sotto forma di singolo a novembre, One Vision. Seguono i preparativi per la colonna sonora del film “Highander“, che genera lo straordinario album “A Kind Of Magic” (giugno 1986). Dopo il Magic Tour che porta l’assoluta potenza dal vivo dei Queen in giro per il mondo, Freddie decide di concedersi una seconda parentesi solista. Prima collabora al musical “Time” dell’amico Dave Clark, incidendo le superbe e struggenti Time e In My Defence, poi pensa ad un nuovo album. Le sessioni iniziano così nel gennaio ’87 e generano il singolo The Great Pretender: l’incredibile voce di Mercury porta ad un livello stellare la celebre cover dei Platters. Il resto del lavoro è discontinuo ma poi riceve la spinta giusta dalla diva spagnola Montserrat Caballé. Freddie resta folgorato dalla voce e dalla presenza scenica del celebre soprano ed i due realizzano prima un singolo e poi un album, entrambi indimenticabili ed entrambi chiamati “Barcelona“.
Tuttavia, col volgere degli anni Ottanta, la vita di Freddie diventa sempre più ritirata: ormai convive col compagno Jim Hutton in una grandiosa villa vittoriana nel quartiere londinese di Kensington, circondato da domestici, dai suoi amati gatti e dalla sua vasta collezione di oggetti d’arte. Iniziano a circolare voci insistenti secondo cui Freddie avrebbe contratto l’AIDS ma il diretto interessato, con grandissima dignità, preferisce buttarsi a capofitto nella registrazione in studio con i Queen. Escono quindi gli album “The Miracle” (maggio 1989) e “Innuendo” (febbraio 1991), dischi che volano entrambi al 1° posto della classifica inglese, accompagnati da singoli potenti e formidabili quali I Want It All, Breakthru, The Miracle, Innuendo, Headlong, I’m Going Slighty Mad e The Show Must Go On.
Freddie ha in mente anche una terza prova solista, “Time In May”, ma sarà soltanto il tempo ad impedirgli di realizzarla: ormai la sua villa è diventata una clinica privata, le sue apparizioni pubbliche sono rarissime, il suo volto è sempre più smunto, anche se la sua incredibile vitalità rimane intatta. Nel corso del ’91 torna in studio con i Queen ma, dopo aver inciso una manciata di nuove canzoni (tra le quali la sofferta e portentosa Mother Love), in settembre fa ritorno a Londra dal suo ‘rifugio’ di Montreaux, in Svizzera: ormai ha capito d’aver perso la sua battaglia con l’AIDS e rinuncia alle dolorose cure alle quali si sottoponeva da due anni.
La verità arriva il 23 novembre, quando Freddie fa diramare un comunicato ufficiale in cui ammette di aver contratto il virus dell’HIV. La morte lo coglie nella sua casa il giorno dopo, alle sette di sera. Il cordoglio è grandissimo in tutto il mondo, mentre con gli anni la fama di Freddie Mercury assurge alla statura di mito assoluto nell’olimpo rock. – Matteo Aceto