George Benson, Al Jarreau, “Givin’ It Up”, 2006

George Benson, Al Jarreau, Givin' it up immagine pubblica blogQuanti dischi degli anni Duemila, una volta annunciati, abbiamo atteso con ansia, precipitandoci al più vicino negozio di dischi nel giorno stesso dell’uscita? E quanti di questi dischi ascoltiamo ancora oggi, quasi vent’anni dopo? Nel mio caso pochini. Gira & rigira, la musica che più ascolto è quella pubblicata tra gli anni Cinquanta e Ottanta del secolo scorso. Insomma, quante volte, negli ultimi anni, avrò sentito la necessità di ascoltare i vari “Invincible” (Michael Jackson, 2001), “Up” (Peter Gabriel, 2002), “Heathen” (David Bowie, 2002), “Morph The Cat” (Donald Fagen, 2003), “Playing The Angel” (Depeche Mode, 2005), “X&Y” (Coldplay, 2005), “Again” (John Legend, 2006), “Planet Earth” (Prince, 2007), “Chinese Democracy” (Guns N’ Roses, 2008) o “If On A Winter’s Night” (Sting, 2009)? Sono tutti album che all’epoca o qualche anno dopo sono andato effettivamente ad acquistare ma che adesso non sento praticamente più.

Eppure, come sempre, non mancano le eccezioni. E una di queste è un piacevole disco del 2006 che acquistai quasi distrattamente, una volta capitatomi tra le mani al prezzo ribassato di otto euro & novanta centesimi. Si tratta di “Givin’ It Up”, una collaborazione tra George Benson e Al Jarreau, ovvero due cantanti americani che ho sempre apprezzato. Si tratta d’un album atipico che inizia con Breezin’ (grande successo di Benson del 1976) e che prosegue con Mornin’ (grande successo di Jarreau del 1982). Ecco, a questo punto si potrebbe pensare che i due abbiano semplicemente riproposto alcuni tra i loro più celebri hit in forma di duetto, attualizzandone la veste musicale. E invece le cose cambiano già al terzo brano in programma, quando ci imbattiamo in una notevole cover di Tutu, forse il brano più popolare del Miles Davis anni Ottanta. Con la successiva God Bless The Child (altra cover di classe, di Billie Holiday in questo caso) troviamo al canto una terza voce, ovvero quella di Jill Scott, così come nella splendida Let It Rain troviamo quella di Patti Austin. E nella conclusiva Bring It On Home To Me (un classico di Sam Cooke) ci imbattiamo addirittura in un certo Paul McCartney, che canta così forte & chiaro da far sembrare lui il protagonista, piuttosto che l’ospite di lusso all’interno d’un duetto Benson-Jarreau.

Ma le sorprese non finiscono qui perché “Givin’ It Up” ci presenta una All I Am eseguita dal solo George Benson (che, non dimentichiamolo, resta sempre quel gran chitarrista di classe che è, e si sente anche qui) e una Ordinary People nel quale a duettare sono la chitarra di Benson e i vocalizzi di Jarreau, senza quindi l’esecuzione del testo originale della canzone di John Legend. Un album di reinterpretazioni e di rivisitazioni, insomma, questo “Givin’ It Up”, nel quale trovano anche spazio le famose Everytime You Go Away (anche se la versione che ne fece Paul Young nel 1985 resta forse la migliore di tutte) e Summer Breeze (forse questa è addirittura la più bella tra le tante altre cover). Su tutte metto comunque una versione di Four, altro classico di Miles Davis, reinterpretata da Benson & Jarreau con un’eleganza sopraffina che da sola mi ha ripagato dei soldi spesi per acquistare tutto l’album.

Un lavoro eclettico questo “Givin’ It Up”, gioioso e amabile, eseguito con una schiera di musicisti di prim’ordine quali i bassisti Marcus Miller e Stanley Clarke, il trombettista Chris Botti, il pianista Herbie Hancock, il batterista Vinnie Colaiuta, il chitarrista Dean Parks e altri ancora. Non so se possa definirsi un capolavoro, “Givin’ It Up”, ma rispetto a tanti altri strombazzatissimi dischi di quel decennio è uno dei pochi che ancora mi invoglia all’ascolto, sia con lo stereo quando sono a casa che con l’autoradio quando solo alla guida. E questo è, per quanto mi riguarda ormai, il miglior metro di paragone possibile per stabilire se un disco sia grande o meno. – Matteo Aceto

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Notiziole musicali

Mick Hucknall Tribute To BobbyTempo di far ripartire questo modesto blog: per l’occasione penso sia utile fare una panoramica delle più recenti uscite discografiche e degli ultimi sviluppi relativi ad alcuni protagonisti della musica internazionale.

Allora, “Viva La Vida”, quarto album degli inglesi Coldplay, si è issato – come del resto era prevedibile – in testa alla classifica di casa. Ho avuto modo d’ascoltare quel disco e, sinceramente, non l’ho trovato un granché: dopo il magnifico “X&Y” del 2005 mi aspettavo qualcosa in più. Non che sia un cattivo lavoro ma le nuove canzoni di Chris Martin e compagni non mi hanno coinvolto più di tanto. A proposito di classifiche, anche l’ultimo del grande Paul Weller, “22 Dreams”, è balzato al 1° posto delle charts inglesi, a questo punto scalzato da “Viva La Vida”, presumo. Spero che Paul venga in tour anche in Italia: non l’ho mai visto dal vivo e mi piacerebbe tantissimo assistere ad un suo concerto. Passerà sicuramente da noi, invece, il mitico Stevie Wonder, il prossimo 26 settembre. Per me sarà un po’ difficile andarci, sarà a Milano… ma vedremo, è una pazzia che per il buon Stevie potrei fare!

Vecchie band in pericolo: se Ali Campbell, la storica voce degli UB40, ha recentemente comunicato la sua dipartita dal noto gruppo reggae inglese, Mick Hucknall dei Simply Red ha finalmente fatto il suo debutto solista, con un album di cover intitolato “Tribute To Bobby” (nella foto). Per la verità il buon Mick era praticamente un solista da parecchi anni ma è la prima volta che firma un album a suo nome. Pare che effettuerà un’ultima tournée celebrativa coi Simply Red, fra il 2008 e il 2009, dopodiché dovrebbe continuare a far uscire dischi come solista. Nel frattempo, Hucknall ha dato avvio alla ristampa – curata dalla Warner Bros – di tutto il suo catalogo storico: primo capitolo è forse l’album più famoso & fortunato dei nostri, “Stars” (1991), ripubblicato con tanto di ciddì aggiuntivo + divvuddì. Anche per gli inglesi Mission pare che sia arrivato il capolinea: mesi fa la band capitanata da Wayne Hussey ha girato il mondo in quello che è stato annunciato come il loro tour d’addio, nel frattempo Hussey si appresta a pubblicare un suo primo album solista, “Bare”, una raccolta di cover in chiave acustica.

Intanto Mark Thwaite, il chitarrista degli stessi Mission, è tornato ad affiancare il tenebroso Peter Murphy – storica & grande voce dei Bauhaus – sia su palco che in studio… il nuovo album di Peter, il successore di “Unshattered” del 2004, è attualmente in lavorazione.

Lavori in corso anche per i Metallica, che stanno per pubblicare un nuovo disco da studio, “Death Magnetic”, il primo da quando il bassista Rob Trujillo è entrato in formazione, intanto i Cure stanno già estraendo i singoli dal loro tredicesimo album – previsto per il… 13… settembre – che al momento non ha ancora un nome. Non si sa invece ancora nulla del fantomatico album che dovrebbe riportare Michael Jackson al vecchio splendore d’un tempo, così come si sono perse le tracce di Axl Rose e dei suoi Guns N’ Roses: ‘sto benedetto “Chinese Democracy” è tutto fuorché una realtà discografica. Molto più concreto sembra l’impegno in studio dell’ex collega di Axl, Slash, che ha annunciato la prossima pubblicazione d’un suo album solista. Che i Velvet Revolver, dopo l’abbandono di Scott Weiland per riformare gli Stone Temple Pilots, siano già un ricordo?

Sono fiero d’affermare che, dopo aver ascoltato il celebrato “Back To Black” (2006), il secondo album di Amy Winehouse, la musica della giovane & controversa cantante britannica non mi dice proprio nulla! Il solito fenomeno pop che la stampa cerca di spacciare come il nuovo grande talento… fino a qualche mese fa si parlava dei Gossip come di chissà chi, ora pare che se ne siano scordati tutti.

A settembre uscirà – udite udite – un nuovo album da studio dei Queen… o ciò che ne resta, ovvero Brian May e Roger Taylor che, dopo aver fatto comunella col cantante Paul Rodgers, si sono decisi nel riesumare in grande stile (si fa per dire) lo storico marchio. Io resto scetticissimo sull’operazione.

Ritorno in grande stile (questo sì) per i Simple Minds, che si riuniscono nella formazione originale dopo quasi trentanni: quest’anno segna infatti proprio il trentennale della band scozzese, nella quale farà ritorno il tastierista Michael McNeil, il bassista Malcom Foster (peraltro già collaboratore a sprazzi del gruppo nel corso degli anni Novanta) e il primo batterista (non ne ricordo il nome, forse perché il mio preferito è il secondo, Mel Gaynor). I redivivi Simple Minds si ritroveranno insieme in studio per incidere qualche nuovo brano da destinare a pubblicazioni antologiche, mentre dovrebbero effettuare un tour celebrativo. Attendiamo sviluppi!

E questo è quanto, per ora. Con l’approssimarsi dell’estate & del conseguente trasformarsi del mio portatile in un odioso fornello elettrico, non garantisco un aggiornamento frequente di questo sito. Ciao a tutti! – Matteo Aceto