Depeche Mode, “Music For The Masses”, 1987

depeche-mode-music-for-the-masses-immagine-pubblica-blogRitengo “Music For The Masses” il miglior album che i Depeche Mode hanno pubblicato nel corso degli anni Ottanta. E’ un lavoro intenso e definitivamente maturo, dove l’elettronica viene usata come se si stesse registrando un disco rock, un metodo di lavoro che troverà perfetto compimento nell’album successivo, “Violator”.

E’ anche il primo album della band inglese ad avvalersi d’un produttore, Dave Bascombe, esterno al ‘giro’ della band, vale a dire Daniel Miller e Gareth Jones. E così “Music For The Masses” suona radicalmente diverso rispetto ai lavori precedenti dei Depeche Mode, pur mantenendo riconoscibilissimo il caratteristico stile dei nostri.

L’album si apre con un brano assolutamente magnifico, Never Let Me Down Again, una delle canzoni più celebri e belle dei Depeche Mode, edita anche su singolo. Un brano adattissimo all’ascolto in macchina, imponente ed epico, con un testo universale e una strumentazione avvolgente che accompagna l’ascoltatore in una dimensione sonora assai emozionante. Da antologia l’incrocio finale fra le voci di Dave Gahan (‘never let me down’) e Martin Gore (‘see the stars they’re shining bright’). In effetti basterebbe la sola Never Let Me Down Again a giustificare l’acquisto di “Music For The Masses”.

La dolente The Things You Said è invece cantata interamente da Martin: una lenta canzone caratterizzata comunque da un ritmo pulsante che la rende anch’essa adatta all’ascolto mentre si è in movimento. Resta senza dubbio uno dei brani più affascinanti dei Depeche Mode. Segue Strangelove, altro brano famoso dei nostri, qui in una versione molto diversa da quella pubblicata su singolo: altro pezzo imponente e coinvolgente (semplice e geniale il riff principale della tastiera), Strangelove è da sempre uno dei cavalli di battaglia dei Depeche Mode nei loro spettacoli dal vivo.

La coda di Strangelove è legata alla canzone successiva, l’ombrosa Sacred, forte tuttavia di un’accentuata sensibilità pop. Le fa seguito la drammatica Little 15, una canzone alquanto sinfonica, dall’incedere piuttosto tetro: è una di quelle canzoni che forse non possono piacere al primo ascolto ma che, successivamente, si rivela per quella che è, ovvero l’ennesima perla dei nostri.

Behind The Wheel ci riporta invece sulla strada, con un testo inequivocabile – cantato all’unisono da Dave e Martin – e una base ritmica pulsante vagamente dance. Da segnalare la versione del singolo, un bel remix che ne potenzia enormemente la resa sonora complessiva. Lasciata la strada, c’imbattiamo nella supplica di I Want You Now, cantata dal solo Martin Gore: è un brano dall’atmosfera simile alla precedente Little 15, dolente ed epico al tempo stesso.

Segue la grave To Have And To Hold, brano fra i più oscuri e tetri dei Depeche Mode, cantato dalla caratteristica voce baritonale di Dave Gahan: coi suoi inquietanti campionamenti in primo piano, To Have And To Hold ci riporta indietro alle sonorità di “Some Great Reward”, album dei nostri datato 1984.

L’atmosfera generale si schiarisce con Nothing, un brano più pop nell’approccio ma anch’esso adattissimo all’ascolto in movimento. Conclude il tutto un brano strumentale, l’epica Pimpf, registrata per sovraincisioni progressive di tastiere e cori; una prova drammatica e sinfonica, utilizzata come introduzione ai concerti che i Depeche Mode eseguivano durante il “Tour For The Masses” del biennio 1987-88.

Complessivamente posso affermare che “Music For The Masses” è un disco essenziale per chi vuole conoscere a fondo i Depeche Mode e per tutti gli amanti della musica degli anni Ottanta. E’ un disco che dà una definizione personalissima & originale di che cosa sia la pop music e che suona ancora splendidamente attuale.

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Depeche Mode: storia e discografia

depeche modeBasildon, Inghilterra, 1980, tre compagni di scuola – Vince Clarke, Andy Fletcher e Martin Gore – stanno cercando un cantante per il loro gruppo, i Composition Of Sound, che adotta una strumentazione completamente elettronica fatta di tastiere e sintetizzatori. Il cantante in questione si rivela essere Dave Gahan, il quale propone anche un nuovo nome per la band, ovvero Depeche Mode: pare rifarsi a una rivista di moda francese, tale Mode Depeche, cioè ‘moda spicciola’, ‘moda veloce’.

I Depeche Mode debuttano quindi discograficamente col brano Photographic, incluso in una compilation d’artisti vari per l’etichetta Some Bizarre, ma la svolta avviene dall’incontro con Daniel Miller, proprietario dell’etichetta Mute, casa per la quale i nostri hanno incideranno fino al 2009 (nonostante il marchio sia stato precedentemente acquistato dalla EMI). Nel febbraio ’81, quindi, esce il singolo Dreaming Of Me, seguìto qualche mese più tardi dall’album “Speak & Spell”. Da questo primo album dei Depeche Mode vengono estratti i singoli New Life e la famosa & scanzonata Just Can’t Get Enough che permettono a “Speak & Spell” di piazzarsi nella Top Ten inglese.

Tuttavia, poco prima delle registrazioni per il secondo album, Vince Clarke abbandona la band: Vince è a quel punto il tastierista più abile nonché l’autore delle canzoni (Martin Gore scrive solo un paio di brani su “Speak & Spell”) e i Depeche Mode sono dati già per spacciati. Vince se ne va per fondare gli Yazoo con la bravissima Alison Moyet (più tardi The Assembly con Feargal Sharkey e poi, definitivamente, gli Erasure con Andy Bell) mentre i Depeche Mode decidono di andare momentaneamente avanti come trio, con Martin ad assumersi l’intera responsabilità compositiva. E’ come trio che la band realizza così “A Broken Frame”, pubblicato nel 1982: il singolo See You fa addirittura meglio di Just Can’t Get Enough in classifica, restituendo fiducia alla band. Ma è con l’ingresso nella formazione di Alan Wilder – abilissimo tastierista, pianista e percussionista, nonché fine arrangiatore – che i Depeche Mode iniziano a puntare in alto: pubblicano il singolo Get The Balance Right (gennaio ’83) e approntano del nuovo materiale, togliendosi di dosso una volta per tutte le sonorità più smaccatamente pop e adottando uno stile più dark e sperimentale. Nel corso dell’anno esce quindi “Construction Time Again”, preceduto da uno dei singoli più famosi dei nostri, Everything Counts. In questo terzo album, mixato a Berlino, è prevalente l’uso dei campionatori: il brano Pipeline, cantato da Martin, è realizzato totalmente con queste macchine; uno stile che sarà ancora più evidente nel successivo “Some Great Reward”, album che vede la luce nel 1984.

“Some Great Reward” si spinge oltre i confini raggiunti con “Construction Time Again”: inciso a Berlino, il suono complessivo dell’album è più duro, più metallico e dalle tematiche più cupe. Brani come i singoli People Are People, Master And Servant e Blasphemous Rumours sono la perfetta combinazione tra elettronica, industrial e pop di classe; ma non mancano i momenti romantici, come la toccante Somebody, cantata da Martin. “Some Great Reward” estende la notorietà del gruppo ma segna anche un punto di non ritorno per i Depeche Mode: nel 1985 pubblicano infatti una raccolta, “The Singles 81>85”, che capitalizza il successo acquisito presentando anche due nuovi brani, la ritmata It’s Called A Heart e soprattutto la bellissima Shake The Disease. Il tempo della maturità è finalmente giunto.

Nel marzo ’86 esce un singolo strepitoso, Stripped: i Depeche Mode non avevano mai pubblicato niente di simile, un mix fra musica ambient, ritmi orientali, campionamenti e atmosfere dark ed intimiste, con quell’incrocio finale tra le voci di Gahan e Gore che mette i brividi. Stripped fa da apripista al nuovo album, il grandioso “Black Celebration”, che porta i Depeche Mode al 3° posto della classifica inglese. Oltre ad essere una pietra miliare nella carriera dei Depeche Mode, “Black Celebration” chiude anche un’altra importante fase: è l’ultimo album a figurare un contributo autoriale di Alan Wilder (da qui in avanti tutto il resto sarà scritto da Martin), l’ultimo ad avvalersi della preziosa collaborazione tecnico-sperimentale di Gareth Jones, l’ultimo a figurare nella produzione anche Daniel Miller. Ma è anche il primo album che apre la lunga e prolifica collaborazione dei Depeche Mode col noto fotografo/videomaker Anton Corbijn: insieme girano l’ultimo estratto di “Black Celebration”, A Question Of Time, con Corbijn che col tempo diverrà il direttore d’immagine della band.

Nel 1987 i Depeche Mode sono al lavoro col produttore Dave Bascombe: ne esce il miglior album degli anni Ottanta per la band, ovvero “Music For The Masses“, supportato da due singoli incredibilmente potenti e melodici come Strangelove e Never Let Me Down Again (quest’ultima è una delle canzoni che più amo in assoluto). Segue un fortunatissimo tour internazionale che culmina nel luglio 1988 al Pasadena Rosebowl Stadium (California), di fronte a 72mila fan estasiati. Il tutto viene immortalato dal film e dal doppio elleppì “101”, entrambi usciti nel 1989. Ma i Depeche Mode non dormono sugli allori: già ad agosto esce infatti Personal Jesus, uno dei loro singoli più famosi e fortunati, mentre il gruppo si getta a capofitto nell’incisione del prossimo album, realizzato con la produzione di Flood.

Anticipato dalla superlativa Enjoy The Silence (forse la canzone più famosa e rappresentativa dei nostri), edita come singolo nel febbraio ’90, “Violator” conduce i Depeche Mode al 2° posto della classifica britannica. E’ l’album della band che amo di più, per me è il loro biglietto da visita, quello che contiene, oltre a Personal Jesus ed Enjoy The Silence, alcune delle migliori canzoni dei Depeche in assoluto, come The Sweetest Perfection, Policy Of Truth, Clean, Halo e la ballata d’atmosfera Blue Dress… dimenticavo Waiting For The Night, duetto suggestivo tra Martin e Dave. Insomma, un gran bel disco! Il World Violation Tour ha successo in tutto il mondo e i Depeche Mode sono invitati dal regista Wim Wenders a fornire una canzone per il suo film “Fino alla Fine del Mondo”: anche Death’s Door, cantata da Martin, è una gran bella canzone, testimoniando ancora una volta un periodo di grande forma compositiva ed espressiva della band.

Periodo che prosegue nel corso del 1992, mentre i Depeche Mode sono impegnati tra Spagna e Germania per il nuovo album, ancora con Flood alla console. Ma in realtà ci sono alcune crepe: Dave dichiara che non è più interessato a fare brani danzerecci coi Depeche Mode, vedendo nella nascente scena ‘alternative’ americana il futuro della musica. Ed è proprio di genere ‘alternative’ il nuovo miracolo dei Depeche Mode: pubblicato nella primavera del ’93, “Songs Of Faith And Devotion” giunge al 1° posto sia in patria che negli USA. Promosso da cinque singoli straordinari (I Feel You, One Caress, Walking In My Shoes, Condemnation e In You Room), il nuovo album – che contempla l’uso di chitarre, batterie, orchestre e coriste – viene supportato con un tour lungo un anno e mezzo che porta praticamente i Depeche Mode in ogni angolo del pianeta. Ma la stanchezza e gli eccessi si fanno sentire: dopo il Devotional Tour, Dave Gahan, ormai tossicodipendente, tenta il suicidio mentre Alan Wilder decide di lasciare il gruppo nel giugno ’95. Ancora una volta i Depeche Mode sono dati per spacciati ma ancora una volta la storia smentirà tutte le peggiori ipotesi.

Anche col formidabile Wilder fuori dai ranghi, i Depeche Mode tornano in azione nel febbraio ’97, col potente singolo Barrel Of A Gun. Poi è la volta d’un altro singolo, il fortunatissimo It’s No Good, e finalmente del nuovo album, “Ultra“. Seguìto da altri due singoli eccezionali, Home e Useless, “Ultra” si rivela un successo mondiale confermando ancora una volta l’amore incrollabile dei fan per i propri beniamini. Dave Gahan si è ripulito una volta per tutte e nel 1998 la band è pronta per tornare in pista: un tour in grande stile promuove in tutto il mondo la nuova raccolta dei Depeche Mode, “The Singles 86>98”, un altro grande successo. La storia si ripete anche all’uscita dei due successivi album in studio della band, “Exciter” (2001) e “Playing The Angel” (2005, album che per la prima volta si avvale anche del contributo autoriale di Dave): singoli molto validi e performance generose fanno dei Depeche Mode uno dei gruppi più amati e credibili dell’odierna scena musicale.

Mentre la band terminava il Playing The Angel tour (anch’io c’ero il 17 luglio 2006 allo stadio Olimpico di Roma), la Mute ripubblicava tutti gli album da studio dei Depeche Mode remasterizzati, mentre in autunno usciva una raccolta comprensiva del periodo 1981-2005 più un brano inedito, Martyr. Dopo alcune escursioni solistiche (ricordo il bell’album di cover realizzato da Martin Gore nel 2003, “Counterfeit2”, i due album realizzati dal solo Dave Gahan tra il 2003 e il 2007, e anche il progetto Client curato da Andy Fletcher), i Depeche Mode sono tornati in grande stile nel 2009 con un nuovo album, “Sounds Of The Universe”, e un nuovo tour internazionale di grande successo.

Gli anni Dieci del nuovo millennio hanno visto un riavvicinamento alla band non solo di Alan Wilder ma addirittura anche di Vince Clarke: se entrambi hanno curato un remix a testa per un’antologia tematica dei Depeche Mode, Vince ha perfino realizzato un album con Martin, un curioso album techno chiamato “Ssss” e pubblicato nel 2012. Ad ogni modo, già l’anno successivo i Depeche Mode come gruppo sono tornati in azione con l’album “Delta Machine“, il primo dopo il prestigioso passaggio alla Sony, e la relativa tournée mondiale.

Anticipato dal singolo Where’s The Revolution, il nuovo album “Spirit” ha invece visto la luce nel marzo 2017, con i Depeche Mode già in fase di riscaldamento per un nuovo tour mondiale. Se gli spettacoli dal vivo sono come sempre stati accolti calorosamente dal pubblico, non così si può dire di “Spirit”. Secondo la mia modesta opinione, l’album è il peggiore dei nostri. Considerando tuttavia i tempi lunghi tra un album e l’altro, spero con tutto il cuore di ritrovare i Depeche Mode in forma migliore nel disco che dovrebbero far pubblicare nel 2021. [ultimo

-Matteo Aceto

DISCOGRAFIA

Speak & Spell (1981)

A Broken Frame (1982)

Construction Time Again (1983)

Some Great Reward (1984)

Black Celebration (1986)

Music For The Masses (1987)

Violator (1990)

Songs Of Faith And Devotion (1993)

Ultra (1997)

Exciter (2001)

Playing The Angel (2005)

Sounds Of The Universe (2009)

Delta Machine (2013)

Spirit (2017)