Sting, “The Dream Of The Blue Turtles”, 1985

sting-the-dream-of-the-blue-turtles-immagine-pubblicaNegli ultimi giorni sono tornato ad ascoltare frequentemente i miei dischi dei Police e di Sting (oltre che, ovviamente, quelli di Miles Davis, ormai un ascolto quasi quotidiano). In particolare, ho tirato fuori dal mobiletto dei vinili “The Dream Of The Blue Turtles”, il primo album solista di Sting, che non ascoltavo da un bel po’.

Un grande piacere risentirsi il ‘primo’ Sting, alle prese con quello che si tradurrà come il rischioso seguito di “Synchronicity”, e ancora incerto se continuare la splendida avventura avviata nel 1977 con Stewart Copeland e Andy Summers oppure tentare una volta per tutte la carriera solista (sceglierà la seconda opzione, come sappiamo…). “The Dream Of The Blue Turtles” è il primo album di una trilogia – con “…Nothing Like The Sun” e “The Soul Cages” – che farà capire a tutti che Sting è definitivamente un grande, anche lontano dall’ingombrante ombra dei Police.

In verità, Sting dichiarò che l’idea di album solista era ridicola se applicata al suo “The Dream Of The Blue Turtles”, perché realizzato col contributo fondamentale di altri cazzutissimi musicisti: il bassista Darryl Jones e il sassofonista Branford Marsalis prima di tutti, ma anche il batterista Omar Hakim e il tastierista Kenny Kirkland. Tuttavia, a parte i buoni propositi, “The Dream Of The Blues Turtles” suona inconfondibilmente come un disco di Sting, uno splendido disco di Sting, mi viene da aggiungere. Un album del quale ho memoria diretta, giacché ricordo benissimo di quando DeeJay Television, su Italia 1, trasmetteva il video di Russians – uno dei pezzi forti di quest’album – lasciando completamente incantato il settenne Mat. Una canzone epica e teatrale, Russians: solenne, impegnata contro la minaccia nucleare, tesa ad una riconciliazione fra East e Ovest al di là dell’umana follia; una delle vette artistiche dello Sting solista, Russians, peraltro basata su un noto tema di Sergej Prokoviev.

Altro pezzo forte di “The Dream Of The Blue Turtles” è pure il primo singolo estratto, il ruggente ma raffinato pop-rock di If You Love Somebody Set Them Free. Mi ha sempre convinto di meno, invece, il terzo singolo, la comunque piacevole escursione caraibica di Love Is The Seventh Wave. Ben più notevoli mi sembrano la sinistra Moon Over Bourbon Street – il cui testo (e la complessiva atmosfera gotica) è stato ispirato a Sting dalla lettura del libro “Intervista col vampiro” di Anne Rice – e il quarto singolo, Fortress Around Your Heart, dinamicamente coinvolgente & meditativa in egual misura, posta a chiusura dell’album.

Ma in mezzo troviamo altre pregevoli canzoni, tutte a testimoniare (come se ce ne fosse bisogno) la bravura di Sting come autore, cantante & musicista (qui curiosamente rinuncia al basso per passare alla chitarra): la delicata ma solenne Children Crusade, l’ipnotica We Work The Black Seam, la jazzata Consider Me Gone, il divertito (e per fortuna breve) interludio strumentale di The Dream Of The Blue Turtles, e la frenetica rilettura della poliziesca Shadows In The Rain.

A proposito di canzoni, infine, mi preme di segnalare il bel lato B del singolo If You Love Somebody, ovvero Another Day, una canzone sprecata, a mio avviso, che avrebbe meritato del tutto l’inclusione in questo che resta comunque un album bellissimo, caldo, sofisticato, commerciale ma molto intelligente. – Matteo Aceto

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