John Lennon, “God”, 1970

john-lennon-plastic-ono-band-album-1970Ci sono canzoni che parlano di dolore. Canzoni che, dopo aver affrontato il dolore, vanno oltre tale soglia. Cercano la via della redenzione, della liberazione. Alla ricerca di un luogo in cui non necessariamente bisogna essere felici, ma un luogo in cui si può finalmente essere se stessi.

Una di queste canzoni è God, il brano più impressionante fra quelli inclusi in “John Lennon/Plastic Ono Band” (1970), il primo album post-Beatles di John Lennon. Il disco in questione, per la verità, meriterebbe un post tutto suo (e la cosa si concretizzerà nelle prossime settimane), ma per ora passiamo a questa stupenda ed indimenticabile canzone. Alla sua parte testuale, in particolare.

God inizia con un’affermazione di principio, secondo cui ‘Dio è un concetto attraverso il quale misuriamo il nostro dolore’. Lennon scandisce perfettamente le parole, così come tutte le altre del testo, anzi, ripete due volte quest’affermazione iniziale. Poi, con una sequenza mozzafiato, passa ad elencare le cose e le persone nelle quali non crede o ha smesso di credere, fino all’imprevisto…

E così John Lennon dice di non credere alla magia,
di non credere all’I-ching,
di non credere alla Bibbia,
di non credere ai tarocchi,
di non credere a Adolf Hitler,
di non credere a Gesù Cristo,
di non credere a John F. Kennedy,
di non credere a Budda,
di non credere al mantra,
di non credere alla Gita,
di non credere allo yoga,
di non credere ai sovrani,
di non credere a Elvis Presley,
di non credere a Bob Dylan (è significativo il fatto che John ne canti il vero cognome, Zimmerman, forse volendo far intendere che non crede più al celebre menestrello americano in quanto uomo e non in quanto artista).

E poi il colpo finale, inaspettato per tutti i fan dei Beatles… John Lennon dice di non credere agli stessi Beatles! La canzone ha quindi una pausa di sospensione, come a voler dare maggior risalto a queste ultime parole.

Successivamente, John dice infine di credere soltanto a se stesso, e a Yoko Ono, all’epoca sua seconda moglie. A questo punto il tono si addolcisce, con John che afferma che il sogno è finito. E qui il riferimento è ancora ai Beatles: ‘ero il tricheco [da I Am The Walrus] ma adesso sono John / e quindi, cari amici / dovete solo andare avanti / il sogno è finito’.

Una canzone davvero commovente, God. Indimenticabile per ogni vero appassionato dei Beatles, un lento blues con una bella prova di Billy Preston al piano, sorretta magistralmente da Ringo Starr alla batteria. Il tutto suona come un lucido requiem alla parabola umana e artistica dei Beatles. – Matteo Aceto

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