Bohemian Rhapsody: il film sui Queen finalmente in lavorazione

Bohemian Rhapsody Rami Malek Freddie MercuryTanto il sito dei Queen quanto quello del loro chitarrista, Brian May, ci stanno tenendo aggiornati sulla lavorazione del film “Bohemian Rhapsody”, il biopic sulla stessa band inglese, che a questo punto dovrebbe essere distribuito nelle sale nell’autunno 2018. Sì insomma, dopo dieci anni buoni di preproduzione, tra sceneggiatori & attori che andavano e venivano (per la parte di Freddie Mercury si era parlato di Sacha Baron Cohen ma anche di un certo Johnny Depp, mentre una prima stesura era stata scritta da Peter Morgan), il film a cui è stato dato il titolo della più formidabile canzone dei Queen, Bohemian Rhapsody per l’appunto, è finalmente una realtà.

Il regista è Bryan Singer, newyorkese, classe 1965, già dietro la cinepresa per i film della serie “X-Men”, oltre che per “Operazione Valchiria” e “Superman Returns”. Era stato anche coinvolto nella produzione della celebre serie “Dr. House”, se non ho capito male. E se alla sceneggiatura troviamo Justin Haythe (quello di “Revolutionary Road” di Sam Mendes) e Anthony McCarten (quello de “La teoria del tutto” di James Marsh), ad interpretare i quattro componenti originali dei Queen abbiamo finalmente il cast al gran completo: Gwilym Lee sarà Brian May, Ben Hardy sarà il batterista Roger Taylor, Joseph Mazzello sarà il bassista John Deacon e Rami Malek sarà Freddie Mercury (nella foto sopra, la prima foto ufficiale diffusa dalla produzione, anche se mi sembra un po’ ritoccata). Ci saranno inoltre Lucy Boynton e Allen Leech ad interpretare, rispettivamente, la fidanzata storica e il manager personale di Freddie Mercury. Ammetto candidamente d’ignorare tutti questi nomi coinvolti nel casting, saprei giusto dire qualche parola in più su Rami Malek, ma solo perché interpretando Freddie Mercury ha il ruolo più in vista e perciò se ne è parlato di più.

Californiano d’origine egiziana, classe 1981, il buon Malek è noto per aver interpretato il protagonista della serie tivù “Mr. Robot” (della quale non sapevo assolutamente nulla fino a qualche giorno fa), oltre che aver preso parte a un paio di film della serie “Una notte al museo”. Con ogni probabilità, insomma, il rischioso ruolo che gli è stato affidato, quello di un personaggio ormai così impresso nella cultura popolare come Freddie Mercury, sarà il ruolo della sua vita. Staremo a vedere.

Nel cast, infine, pare proprio che ci sia anche Mike Myers, già celebre tra i fan dei Queen per aver interpretato il protagonista in “Wayne’s World”, dove la stessa canzone Bohemian Rhapsody ha una parte memorabile nella buffa vicenda filmica narrata. Ammetto che negli ultimi tempi i biopic (come si chiamano ora i film che riguardano una biografia) sui protagonisti della musica non mi hanno affascinato più di tanto; tanto per dirne una, mi sono stupito della mia stessa indifferenza con la quale ho accolto “Miles Ahead”, il biopic su Miles Davis del 2015 diretto & interpretato da Don Cheadle.

Eppure tutto questo gran parlare di “Bohemian Rhapsody” attraverso i siti ufficiali legati ai Queen ha risvegliato la mia curiosità. Non so esattamente come si svolgerà la vicenda, so soltanto che riguarderà gli anni 1970-1985, quindi dalla fondazione della band a Londra, in quel lontano 1970, al trionfo del Live Aid del luglio 1985. Ed è proprio con la storica esibizione dei Queen al Live Aid che sono iniziate le riprese. Prima dell’autunno 2018, ne sono certo, avremo comunque modo di riparlarne. – Matteo Aceto

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Fatti, smentite & opinioni personali sui Queen

Quei pochi che abitualmente leggono questo sito lo sanno: sono sempre stato un grande appassionato dei Queen. Il celeberrimo gruppo inglese è stato il primo verso il quale ho nutrito quella genuina manìa che ti porta a comprare in poco tempo tutti gli album e le raccolte fin lì realizzate. Per la verità ho ascoltato i Queen da sempre: anche se inconsapevolmente, mi ricordo benissimo di aver sentito – negli anni Ottanta, quand’ero bambino – brani come Another One Bites The Dust e Radio Ga Ga alla radio. Probabilmente conobbi il nome Queen sul finire di quel decennio, quando la Lancia (all’epoca vittoriosissimo marchio automobilistico impegnato nei rally con la mitica HF integrale) pubblicizzava i suoi successi con uno spot televisivo nel quale si sentiva l’originale We Are The Champions. E’ in quell’occasione che chiesi agli adulti ‘di chi è questa canzone?’. ‘Dei Queen’, mi rispose qualcuno.

In tutti questi anni, però, devo tristemente ammettere che ho letto & sentito più cazzate sul conto dei Queen e di Freddie Mercury che di ogni altro gruppo del pianeta. Per dirne una, ricordo benissimo anche un orribile articolo su una rivista musicale per adolescenti che compravo quando andavo alle superiori, “Tutto – Musica e Spettacolo”: in un servizio su Mercury a pochi anni dalla morte, si leggeva in una didascalia accanto ad una foto che Freddie si trovava in un party fra travestiti… era un’immagine tratta dal videoclip di The Great Pretender, ma quale party fra travestiti?! Come ho detto, ne ho sentite & lette davvero tante, sia dai comuni appassionati e sia da chi scrive di musica per mestiere (nel senso che viene pagata per farlo). E allora, imbarcandomi in una titanica impresa, ecco una serie di fatti veri, falsi (e quindi smentiti) e una serie di opinioni del tutto personali su quello che sono & che hanno rappresentato i Queen.

  • E’ difficile ascoltare casualmente i Queen: di solito li si ama o li si odia. Non restano però indifferenti, è impossibile non accorgersi della loro musica.
  • I critici musicali, dal canto loro, non li hanno mai potuti soffrire. Ho letto parole veramente cattive sulla musica dei Queen, ma anche all’indomani della morte di Freddie.
  • Però i dischi dei Queen sono vendutissimi e molto collezionati, anche prima che il tragico destino di Mercury ingigantisse il mito: album come “A Night At The Opera” (1975), “A Day At The Races” (1976), “The Game” (1980), “The Works” (1984), “A Kind Of Magic” (1986), “The Miracle” (1989) e “Innuendo” (1991) sono finiti dritti dritti in testa alla classifica inglese dell’epoca (e nelle Top Ten di mezzo mondo). Il tutto in un periodo in cui la concorrenza non era certo quella di Leona Lewis o Robbie Williams, non so se m’intendo.
  • La prima raccolta ufficiale dei Queen, “Greatest Hits” (1981), è attualmente il disco più venduto nel Regno Unito, scavalcando perfino il mitico “Sgt. Pepper” dei Beatles.
  • Tutti e quattro i componenti dei Queen hanno scritto almeno un hit di fama mondiale: We Are The Champions per Freddie Mercury, We Will Rock You per Brian May, Another One Bites The Dust per John Deacon, Radio Ga Ga per Roger Taylor. Sono canzoni strafamose che conoscono anche i sassi. Quali altri gruppi possono vantare una tale distribuzione di successi autoriali individuali per ogni singolo componente? Credo nessuno, nemmeno i Beatles…
  • Per quanto i quattro componenti dei Queen avessero prolificità autoriali ben diverse (i più attivi sono stati May e Mercury), la struttura del gruppo è sempre stata molto democratica, con ognuno libero di scrivere le proprie canzoni, di suonarsele e di cantarsele perfino.
  • I primi due album del gruppo, “Queen” (1973) e “Queen II” (1974) s’ispiravano anche nei titoli ai primi dischi dei Led Zeppelin: di lì a poco, tuttavia, i Queen diedero vita alla loro personale concezione del rock, incorporando nel loro inconfondibile stile epico elementi tratti dalla lirica, dalla classica, dal funk, dalla disco e sperimentando con l’elettronica. Non è raro trovare negli album dei Queen delle innocue canzoncine pop accanto a travolgenti episodi hard rock.
  • Freddie Mercury ha innovato il modo di concepire il rock innestandovi elementi operistici: già con Bohemian Rhapsody dei Queen (1975) ottenne un risultato a dir poco notevole, ma diede il meglio di sè in tal senso con l’album “Barcelona” (1988), realizzato con la regina della lirica, Montserrat Caballé.
  • Anche se non è vero che il primo videoclip della storia sia Bohemian Rhapsody, i Queen hanno però pubblicato per primi una raccolta di videoclip: “Greatest Flix” (1981).
  • Nei dischi dei Queen sono accreditati come musicisti/cantanti aggiuntivi: Joan Armatrading, David Bowie, Steven Gregory, Steve Howe, Michael Kamen, Mack, Fred Mandel, Arif Mardin, Mike Moran. Non accreditato: Rod Stewart.
  • Secondo alcune fonti, esiste una versione inedita di Play The Game dei Queen dove canta anche Andy Gibb. Non sono riuscito a saperne di più, le stesse fonti sui Bee Gees non mi sono state utili finora in tal senso.
  • Negli archivi si trovano diversi brani inediti dei Queen, fra cui (in ordine cronologico): Silver Salmon, Hangman, la cover di New York New York (nella sua forma integrale), Dog With A Bone, A New Life Is Born, Self Made Man e My Secret Fantasy. Più altre tre o quattro improvvisazioni registrate con Bowie durante l’incisione di Under Pressure.
  • Se in futuro dovessero spuntar fuori collaborazioni d’annata fra componenti dei Queen e Elton John o Rod Stewart o componenti dei Guns N’ Roses prendetele per buone.
  • I Queen si sono esibiti nel corso dello storico Live Aid (1985) in un cartellone che, fra gli altri, figurava Paul McCartney, Sting, David Bowie, Tina Turner, Madonna, Phil Collins, Mick Jagger e i redivivi Led Zeppelin: a detta di tutti sono stati i più grandi (sembrava che lo stadio di Wembley fosse lì solo per loro) e, di fatto, hanno surclassato tutti gli altri partecipanti alla manifestazione.
  • Il noto concerto di Wembley del luglio 1986 (in realtà furono due concerti, la sera dell’11 e quella del 12) non fu l’ultima esibizione dei Queen. Fu l’ultima nella loro città, Londra.
  • I celebri Mountain Studios situati nell’incantevole cittadina svizzera di Motreux sono appartenuti per molti anni ai Queen. Una statua di Freddie Mercury è stata posta sulle rive del lago di Givevra.
  • I Queen non si sono mai schierati politicamente, forse anche per questo la critica li ha sempre bistrattati.
  • Sono una delle rock band più istruite culturalmente: due di loro sono laureati (John e Brian), gli altri due diplomati.
  • Sono il gruppo pop-rock occidentale più popolare in Giappone. Molto amati anche in Sudamerica, nei primi anni Ottanta i Queen riempivano tranquillamente stadi da oltre 100mila persone.
  • Si sono esibiti in Italia solo in quattro occasioni: due appuntamenti al Festival di Sanremo e due concerti a Milano, tutti nel 1984.
  • Il singolo Radio Ga Ga venne pubblicato in anteprima in Italia, iniziando a circolare già nel dicembre 1983; curiosamente il copyright del quarantacinque giri era datato 1984.
  • Freddie Mercury è stato il più grande cantante rock e uno dei più carismatici e vitali front-men.
  • Brian May è uno dei più grandi chitarristi di tutti i tempi. Un gigante fin troppo sottovalutato (che diavolo c’avrà trovato l’umanità in Eric Clapton e Mark Knopfler la scienza me lo deve ancora spiegare…).
  • All’album “Mr. Bad Guy” di Freddie Mercury prendono parte, in un modo o nell’altro, tutti gli altri Queen: in particolare Man Made Paradise è un’esibizione di gruppo.
  • Brian May e Roger Taylor hanno partecipato, assieme a Giorgio Moroder, a Love Kills, successo solista di Freddie datato 1984.
  • May ha collaborato con numerosi altri celebri artisti, fra cui: Black Sabbath, Guns N’ Roses, Eddie Van Halen, Steve Hackett e Dave Gilmour.
  • Freddie Mercury ha registrato due canzoni (tuttora inedite) con Michael Jackson, There Must Be More To Life Than This e State Of Shock. Pare anche una terza, Victory, ma ci credo poco.
  • I Queen hanno registrato le musiche e le canzoni per due noti film: “Flash Gordon” (1980) e “Highlander” (1986).
  • Il vero nome di Freddie Mercury è Farroukh Bulsara, nato sull’isola di Zanzibar il 5 settembre 1946 da genitori di origine iraniana.
  • Freddie non è mai stato sposato, né ha mai messo al mondo dei figli. Era gay, dal 1985 al 1991 ha convissuto con Jim Hutton, tuttavia il suo più grande amore è stato Mary Austin, cui è stato fidanzato per gran parte degli anni Settanta. Mary è sempre rimasta amica di Freddie e ha ereditato la splendida villa vittoriana acquistata dal cantante nei primi anni Ottanta.
  • Freddie ha vissuto anche a New York e Monaco Di Baviera, in gioventù ha trascorso diversi anni in India.
  • Freddie non aveva la patente… però si faceva scarrozzare in giro con la sua Rolls Royce.
  • Freddie è morto la sera del 24 novembre 1991, quando mancavano pochi minuti alle diciannove (la notizia è trapelata verso la mezzanotte).
  • Parte dei proventi delle canzoni firmate da Freddie Mercury va ad un fondo per la ricerca contro l’aids, il Mercury Phoenix Trust.
  • L’idea originale del brano The Show Must Go On è di Brian May (quindi che nessuno mi venga più a rompere col fatto che Freddie abbia implicitamente autorizzato la band ad andare avanti senza di lui).
  • Un’altra canzone che molti attribuiscono a Mercury, These Are The Days Of Our Live, è stata invece composta da Taylor.
  • Il Roger Taylor che viene ringraziato nelle note di copertina dell’album “Blah-Blah-Blah” (1986) di Iggy Pop non è un componente dei Duran Duran, ma proprio il batterista dei Queen.
  • I Depeche Mode non hanno mai fatto da supporto nei concerti dei Queen.
  • “Made In Heaven” (1995) non è il fantomatico ultimo album dei Queen, bensì una compilation rimaneggiata dai tre Queen superstiti e comprendente brani più o meno inediti del periodo 1980-1991.
  • Non ho mai desiderato di comprare la cassetta (o il dvd) del “Freddie Mercury Tribute” dell’aprile 1992. Di fatto non ce l’ho.
  • Sul finire degli anni Novanta, John Deacon ha avuto il buon gusto di tirarsi fuori dalla vicenda dei Queen perché pensava che, in seguito alla morte di Freddie e dopo i necessari ‘tributi & omaggi’, la band avrebbe dovuto piantarla lì.
  • Brian May e Roger Taylor, che potrebbero tranquillamente far campare di rendita non solo essi stessi ma anche i propri nipoti, hanno avuto la genialata di resuscitare il marchio Queen. Per quanto niente possa importargliene, io non ho mai approvato quella decisione.
  • Non ho mai visto il musical “We Will Rock You” – basato sulle canzoni dei Queen – né ho intenzione di farlo in futuro.
  • Mi sono rifiutato di comprare due fra le più inutili compilation mai apparse sul mercato discografico: “Queen Rocks” (1997) e “Greatest Hits III” (1999).
  • In anni recenti è stata messa sul mercato una serie di orribili gioielli a nome di Freddie Mercury. Lo stesso sito ufficiale dei Queen pubblicizzava l’ignobile iniziativa.
  • Quel tale, Paul Rodgers, non c’entra un cazzo con la storia dei Queen. Per quanto mi riguarda non ho mai ascoltato i Free o i Bad Company e – considerando come stanno le cose – ora me ne vanto pure.
  • “The Cosmos Rocks” (2008) è un album che non entrerà mai in casa mia.
  • I signori May e Taylor (o chi per loro alla EMI) hanno svenduto la musica dei Queen alle aziende pubblicitarie.
  • Troppa gente continua a scrivere Freddie con la Y (…Freddy). Da parte sua, il cantante non ha mai gradito che lo si chiamasse Fred.
  • Nel 2007 s’è parlato molto d’un prossimo film biografico sulla vita di Freddie Mercury: fra gli attori contattati per interpretare la parte del cantante vi sarebbero il grande Johnny Depp e l’istrionico Sacha Baron Cohen (quello di “Borat”): pare che un tale onore spetterà a quest’ultimo.
  • Nel corso del 2009 tutti gli album da studio e dal vivo dei Queen sono stati pubblicati ad uscite periodiche in edicola, abbinati a “TV Sorrisi e Canzoni”: un’operazione che dimostra come i Queen siano molto popolari e amati dal pubblico più eterogeneo.
  • Poche chiacchiere: il 90% della musica dei Queen suona potente & attuale anche oggi.

Ovviamente non posso aver risposto coi fatti a tutte le stronzate che ho letto & sentito negli ultimi vent’anni; se mi verrà da aggiungere qualcosa aggiornerò questo post [ultimo aggiornamento: 23 ottobre 2010]. – Matteo Aceto

La musica del 2009 tra realtà e sogni

depeche modeEccoci così al 2009! Prima di cominciare, però, lasciatemi augurarvi buon anno, di cuore. Non possiamo dire come sarà l’ultimo anno di questo decennio, ovvio, ma possiamo già tracciare i contorni della musica che ascolteremo nei prossimi mesi. Ecco quindi una breve rassegna della musica che verrà…

Album
Per me il più atteso è il nuovo dei Depeche Mode, previsto in primavera e al momento ancora senza titolo: la band inglese (nella foto) ha anche girato il video di Wrong, il singolo apripista… sono molto curioso, non vedo l’ora di vederlo! Pare che questo nuovo capitolo depechiano dovrebbe recuperare delle sonorità retrò. Intanto usciranno anche i nuovi album di Bruce Springsteen (a giorni), Peter Murphy (il cantante dei Bauhaus), Prince, David Sylvian, Morrissey, Neil Young, Megadeth, P.J. Harvey, Green Day, Devo, Roxy Music, U2, No Doubt e Robin Gibb. Forse anche il nuovo di Michael Jackson e forse – udite udite – anche il secondo album dei redivivi Sex Pistols, che darebbero quindi un seguito al celeberrimo “Never Mind The Bollocks” del 1977.

Concerti
Per quanto riguarda gli appuntamenti live previsti nel nostro paese, per ora segnalo solo i Depeche Mode, gli Eagles, i Metallica, gli Ac/Dc, i Judas Priest, i Megadeth, i Lynyrd Skynyrd e gli odiosi Oasis. Mi piacerebbe tantissimo vedere il concerto degli Eagles… ma suoneranno a Milano… per me sarà difficile starci. Spero anche che i Verve recuperino l’unica tappa del loro tour del 2008 – quello che segnava la reunion dopo quasi dieci anni dallo scioglimento – che avevano programmato in Italia: dovevano suonare a Livorno ma la loro esibizione saltò perché Richard Ashcroft aveva la laringite.

Reunion
Dopo le innumerevoli reunion degli ultimi anni, nel 2009 si attendono i ritorni – sul palco e/o in studio – di Blur (nella originale formazione a quattro), Magazine, Ultravox (nella formazione condotta da Midge Ure), The Specials, The Faces (sì, proprio il gruppo di Rod Stewart e Ron Wood, scioltosi nei primi anni Settanta!) e forse anche Faith No More, Smiths (ma qui ci credo poco… sarebbe un miracolo!), Stone Roses e Spandau Ballet. Voci incontrollate parlano anche dei Jackson 5

Ristampe
“Odessa” dei Bee Gees uscirà fra pochi giorni, il 12, in un bel cofanetto con tanto di rarità & inediti (… e io ho già la bava alla bocca!) in occasione del quarantennale della sua edizione. A marzo sarà invece la volta di “Ten”, il classico dei Pearl Jam. Dovrebbero uscire anche gli ultimi capitoli della bella serie di remaster dei Cure, in particolare dell’album “Disintegration” che nel 2009 compie ventanni. In autunno, secondo alcune indiscrezioni, dovrebbero uscire anche i ciddì rimasterizzati di tutti gli album dei Beatles… chissà, io lo spero vivamente, a patto, cazzo, che vi siano inclusi degli inediti!

Film
In questo 2009 dovremmo vedere il benedetto film sulla vita di Bob Marley, in cantiere almeno dal 2003. Pare che quest’anno sia la volta buona, chissà, certo è che al momento non se ne conoscono molti particolari. Don Cheadle dovrebbe dar vita al suo film sull’immenso Miles Davis, in attesa almeno dal 2007. Si attendono anche film biografici su Freddie Mercury e Kurt Cobain, annunciati anch’essi alcuni anni fa. Correrei subito al cinema per vedermi quello su Mercury, si era parlato di Johnny Depp per la sua interpretazione, chissà.

Questo quello che è stato confermato, in maniera più o meno ufficiale da parte dei diretti interessati o da chi per loro. Ora passo brevemente alle mie aspettative per quest’anno:

  • spero in un ritorno sulle scene del grande David Bowie, magari anche solo per dei concerti, ovviamente con transito obbligatorio in Italia;
  • una cazzutissima ristampa di “The Wall” dei Pink Floyd in occasione del trentennale di quello che resta il mio album rock preferito;
  • un nuovo album da studio di Sting che, a parte la divagazione medievale di “Songs From The Labyrinth”, non mi pubblica un album con canzoni sue dal 2003;
  • un nuovo album e/o tour per i Tears For Fears con tassativo passaggio live in Italia;
  • la pubblicazione d’un cofanetto di Miles Davis con le sue collaborazioni con Prince (si parla comunque d’un nuovo cofanetto davisiano della sua discussa produzione anni Ottanta);
  • almeno un concerto in terra italiana per Paul McCartney;
  • un nuovo album per Roger Waters, che non pubblica un disco d’inediti dai tempi di “Amused To Death”.

Questo è quel che le mie antenne sono riuscite a captare nell’aria; se non altro si prefigura un 2009 abbastanza interessante sotto il profilo musicale. Per tutto il resto, come sempre, staremo a vedere! – Matteo Aceto

Julien Temple, “Joe Strummer – The Future Is Unwritten”, 2007

joe-strummer-film-clash-immagine-pubblicaMiracolosamente, il docufilm di Julien Temple su Joe Strummer, “The Future Is Unwritten”, è arrivato anche in una sala cinematografica abruzzese, precisamente al Massimo di Pescara. La proiezione si è tenuta ieri sera e… non me la sono fatta scappare!

Antonella & io arriviamo per tempo, alle ventiettrenta, di fronte ad un botteghino già molto affollato: un quantitativo di gente che non mi aspettavo di trovare ma che mi ha fatto molto piacere di vedere. Quando entriamo in sala riusciamo per fortuna a trovare due comodi posti nelle file centrali ma entro le ventuno, ora d’inizio della proiezione, la sala è già piena.

Il docufilm di Temple parte già alla grande, con la storica ripresa (in bianco & nero) di Joe che registra la sua voce solista sulla base strumentale – che in quel momento ascolta solo lui, in cuffia – di White Riot, il primo singolo dei Clash. Poi entra prepotentemente & selvaggiamente il resto della musica, con le immagini che stavolta passano al cortile di casa Mellor (il vero cognome del nostro) dove troviamo il piccolo Joe a giocare col fratellino maggiore David. Queste immagini iniziali sono fra le poche che mi hanno veramente emozionato: non avevo mai visto quelle sequenze amatoriali (a colori) del giovane Strummer, così come le foto e le immagini dei suoi genitori. Tutto il film scorre cronologicamente, dall’origine nella middle-class inglese alla resurrezione artistica del nostro con la sua ultima band, The Mescaleros, passando per gli anni in collegio, il periodo da squatter a Londra, l’esplosione del fenomeno punk, il suo passaggio dagli 101ers ai Clash, l’epopea di questi ultimi, gli anni di smarrimento nella seconda metà degli Ottanta.

Una storia complessa & affascinante, narrata oltre che dalle stesse parole di Joe (prese dalle sue interviste radio e/o televisive) anche da quelle persone – musicisti o tizi comuni – che più sono state in contatto con lui, fra cui: i tre ex Clash Mick Jones (in ottima forma & a suo agio), Topper Headon e Keith Levene (ma non clamorosamente Paul Simonon, chissà perché…), Tymon Dogg, Steve Jones dei Sex Pistols, Don Letts, Courtney Love, amici d’infanzia e compagni hippy e/o squatter, le sue due mogli – Gaby e Luce – più una serie d’interventi di gente che a mio avviso c’entra ben poco, come quel ruffianone onnipresente di Bono Vox. Che cavolo c’entra Bono con Joe Strummer?! Altri interventi ci mostrano invece gli attori Matt Dillon, Steve Buscemi e Johnny Depp e il regista Martin Scorsese.

E’ molto bello che la maggior parte di questi interventi si svolga attorno ad un falò sulla spiaggia, come piaceva fare a Joe per ritrovarsi e confrontarsi con gli amici più cari. Uno dei pochi che non appare di fronte al caldo scoppiettare delle fiamme è Mick Jones, che parla del suo rapporto artistico e umano con Strummer dal grattacielo in cui viveva da solo con la nonna, nella seconda metà degli anni Settanta. Grande Mick, da sempre il mio Clash preferito! Anche il manager-mentore dei Clash, il controverso Bernie Rhodes, dice la sua, col suo classico taglio polemico & aggressivo, anche se i suoi interventi sono soltanto vocali (credo telefonici), su alcune immagini di repertorio.

“The Future Is Unwritten” è quindi un ottimo documento per conoscere la vita privata & artistica di Joe Strummer, non manca nessun aspetto: il dolore per la perdita del fratello David, gli anni giovanili errabondi, la storia dei Clash ovviamente, le colonne sonore realizzate per il cinema (come “Walker”), le parti che Joe ha recitato per lo stesso cinema (come “Mystery Train” di Jim Jarmusch, che anch’egli contribuisce coi suoi ricordi attorno al falò), i suoi programmi radiofonici condotti per la BBC a cavallo fra gli anni Novanta e Duemila (spesso come colonna sonora abbiamo proprio i pezzi che Joe sceglieva, introducendoli con la sua inconfondibile voce), fino alla sua esibizione coi Mescaleros nell’autunno del 2002, per supportare la causa dei pompieri in sciopero, un’esibizione che vide anche la partecipazione (a sorpresa) di Mick Jones per un paio di pezzi dei Clash. Altre sequenze davvero emozionanti!

A parte clamorose assenze – una su tutte, come detto, Paul Simonon, ma anche i produttori Mikey Dread (peraltro morto pochi giorni fa…) e Bill Price, nonché Martin Slattery dei Mescaleros – l’unico grande punto debole che ho trovato in “The Future Is Unwritten” è la sua verbosità. Una valanga di parole, da quelle dei già numerosi ospiti attorno al falò a quelle dello stesso Joe, con la musica che quasi sempre resta un mero sottofondo. Una valanga di informazioni che danno sì un profilo abbastanza completo di Joe Strummer ma che risultano eccessivamente compresse in due ore di visione. Insomma, va pure bene la prima volta che vediamo il film, ma le altre volte? Dov’è la musica? C’è da dire che, almeno nei titoli, essa è abbastanza rappresentativa dei vari periodi artistici di Joe: ascoltiamo quindi (anche se per pochi secondi ognuna) Keys To Your Heart dei 101ers, White Riot, London Calling, Magnificent Seven, Rock The Casbah e altri classici dei Clash, estratti dalle colonne sonore di “Walker”, “Permanent Record” e “When Pigs Had Flies” (non sono sicuro che quest’ultimo titolo sia esatto, la musica resta tuttora inedita), Tony Adams , Johnny Appleseed e Willesden To Cricklewood dei Mescaleros. Insomma, i titoli non mancano ma li si ascolta veramente per pochi secondi, quasi sempre come sottofondo alle parole.

Altri aspetti che ho gradito poco – e dei quali francamente non ho visto l’utilità – sono stati gli inserti di sequenze tratte dal bel cartone animato de “La fattoria degli animali” e del film “1984”, entrambi presi dalle notevoli opere letterarie omonime di George Orwell. Potrebbero anche fare scena ma per me sono inutili.

In definitiva, penso che “The Future Is Unwritten” sia un ottimo racconto per chi vuole conoscere Joe Strummer sapendone veramente poco, o per chi volesse avere una guida visuale della sua carriera. Ma per chi conosce già la storia di Joe e consuma da anni album quali “London Calling” e “Sandinista!” questo film rappresenta solo un simpatico & gradito diversivo. A tratti pure un po’ noioso. – Matteo Aceto