Memore d’un’entusiastica recensione letta una decina d’anni fa a proposito del ritorno sul mercato discografico di “Pacific Ocean Blue”, in occasione del suo trentennale, mi ricordai così di acquistare l’album quando me lo trovai inaspettatamente davanti, qualche anno dopo, rovistando tra gli scaffali d’un negozio di dischi dalle mie parti. Si tratta del primo album solistico d’un componente dei Beach Boys, ovvero di Dennis Wilson, che probabilmente resta anche l’album più bello d’un Wilson in veste solista.
Ebbene sì, Dennis, il più scapestrato dei fratelli Wilson, quello che almeno nei dischi più acclamati dei Beach Boys era stato un comprimario o poco più, quello con le amicizie pericolose e sempre alle prese coi tipici eccessi da rockstar (fino all’inevitabile morte tragica quando era ancora giovane, a trentanove anni, nel 1983), è il sorprendente autore d’un autentico capolavoro di musica contemporanea. Prodotto dallo stesso Wilson con Gregg Jakobson e interamente registrato nello studio di famiglia di Santa Monica (California), “Pacific Ocean Blue” contiene dodici brani originali dalla durata media di tre minuti ognuno. E’ molto meno pop di quanto si potrebbe facilmente supporre, anzi è più lento e più d’atmosfera di ciò che i formidabili successi dei Beach Boys che tutti noi conosciamo ci indurrebbe a ritenere. E’ una commistione più unica che rara di ballate pianistiche, gospel, soul e rock. Su tutto, l’inconfondibile voce di Dennis Wilson, roca e inevitabilmente segnata dagli abusi, ma sempre appassionata e a suo modo vera.
E così i dodici brani in programma, dall’iniziale River Song alla conclusiva End Of The Show, scorrono via che è un incanto, in un tutt’uno attraversato anche da momenti di grande lirismo, come nel caso di Moonshine, di Thoughts Of You, di Time. Non manca l’impressione di opera incompiuta che si avverte chiaramente in più d’un brano, come se la canzone in questione (ad esempio Friday Night, per dirne una) sfumasse quando avrebbe potuto continuare altrimenti; ma anche questo contribuisce al fascino d’un disco così atipico com’è appunto “Pacific Ocean Blue”.
Tra i partecipanti all’album, tra cui ricordo il bassista Jamie Jamerson e il batterista Hal Blaine, non mancano all’appello altri componenti dei Beach Boys, sia in veste di autori (come il fratello Carl Wilson e il cugino Mike Love) che di coristi (Bruce Johnston). Non manca, inoltre, Karen Lamm Wilson, all’epoca moglie di Dennis (una delle tre o quattro che il Beach Boy ha avuto), che contribuisce sia ai cori che alla scrittura di alcuni brani.
Al momento della sua uscita, nel settembre ’77, “Pacific Ocean Blue” entrò a malapena nella Top 100 americana, sparendo del tutto dopo sole otto settimane, e non fortuna migliore trovarono i due singoli estratti, You And I e River Song. Ma successo a parte, questo è un disco che si ascolta ancora straordinariamente bene dopo tanti anni e del quale, evidentemente, non si è ancora smesso di parlare.
La copia in mio possesso è una bella ristampa del 2010, contenente tre brani aggiuntivi, ma consiglio a tutti, anche a me stesso, l’acquisto della riedizione deluxe in doppio ciddì che la Sony ha distribuito nel 2008 in occasione del trentennale dell’album. – Matteo Aceto