Qual è il disco più bello degli Steely Dan, “Aja” o “Gaucho”? C’è chi dice “Aja”, in molti, c’è chi dice “Gaucho”, come il sottoscritto. Si tratta a ogni modo di due album superlativi, colmi di grande musica, registrati benissimo e che non hanno perso un solo grammo della loro classe dopo tutti questi anni.
Io scelgo “Gaucho” perché contiene quella che per me è la canzone più bella degli Steely Dan, quella Third World Man che chiude il disco: l’atmosfera sospesa, il canto beffardo di Donald Fagen, lo splendido assolo di chitarra di Larry Carlton (addirittura ripescato dalle sedute di registrazione del ’76, per l’album “The Royal Scam”); tutto è degno di nota in Third World Man, che spesso riascolto una o due volte prima di rimettere il disco nella sua custodia.
In “Gaucho” c’è però anche Hey Nineteen, una delle più irresistibili canzoni degli anni Ottanta, il cui testo – stando alla biografia “Wired” scritta da Bob Woodward – entusiasmava talmente tanto John Belushi che l’attore pensava di farne un film. Anche il brano iniziale di “Gaucho”, il jazzato Babylon Sisters, è assolutamente fantastico, così come il saltellante Time Out Of Mind (nonostante i continui riferimenti all’uso di droghe pesanti, peraltro comune nei testi degli Steely Dan).
E se Glamour Profession e My Rival, infine, restano superbamente indispensabili nell’economia complessiva d’un lavoro come “Gaucho”, la title-track – pur macchiata dall’accusa di plagio da parte di Keith Jarrett, che infatti ottenne di esserne accreditato fra gli autori – resta uno dei momenti più memorabili dell’intera discografia degli Steely Dan. Un album da avere nella propria collezione, insomma, questo “Gaucho”, bello da ascoltare dall’inizio alla fine e a volume ragionevolmente alto. – Matteo Aceto