Più lo ascolto e più ho modo d’apprezzarne le varie sfaccettature sonore e il suo irresistibile amalgama di funk e jazz. Sto parlando di “The Rainbow Children”, album di Prince datato 2001.
Non l’avevo comprato all’epoca, sebbene fossi andato a vedere Prince dal vivo, in tour proprio per supportare quella sua ultima avventura discografica, il 31 ottobre 2002 a Milano. “The Rainbow Children” era pure in vendita a prezzo speciale all’interno del Palasport ma anche in quel caso avevo resistito; l’ho finalmente comprato lo scorso lunedì di Pasqua, in una rilassatissima giornata di passeggiate fra amici, fidanzate e acquisti.
“The Rainbow Children” è una sorta di concept-album, i cui temi (e testi) riflettono la conversione di Prince alla dottrina dei testimoni di Geova. Ho letto quei testi e afferrato il messaggio in generale fino a un certo punto ma la cosa che più apprezzo, come già detto, è il suono complessivo di questo disco, una miscela degli stili più tipici affrontati da Prince – funk, rock, club, pop, ballate – spruzzata da un’eccentuata e gradevolissima aurea jazz. Accompagnato da John Blackwell alla batteria (davvero molto bello il tocco di questo musicista), da Najee al sax e al flauto, da alcuni coristi, da una schiera di altri musicisti ai fiati – gli Hornheadz – e dal basso di Larry Graham Jr. in un paio di brani, tutto il resto è cantato e suonato da Prince, veramente in splendida forma.
Quattordici brani – per un totale di quasi settanta minuti – spesso legati strumentalmente fra loro ma ancora più spesso raccordati da un vocione distorto di Prince (i fan più duri & puri del nostro riconosceranno la somiglianza con Bob George presente nel “Black Album“) che forse disturba un po’ ma in fondo è il solo ‘difetto’ di quest’album godibilissimo. Quattordici brani, si diceva, fra i quali spiccano l’iniziale Rainbow Children (lunga oltre dieci minuti e suddivisa in due tempi), il pop-jazz di Muse 2 The Pharaoh, la danza in chiave samba di Everywhere, la dolce ballata She Wants Me 4 Me, i trascinanti funk di 1+1+1 Is 3 (anche se ricorda un po’ un b-side datato 1984…) e The Everlasting Now e la conclusiva Last December, delicata ballata dalla ricca melodia corale.
Molto bello, infine, anche l’artwork complessivo dell’album, tutto cartonato, coloratissimo e dominato dai bei disegni di Cbabi Bayoc. Penso che la versione in vinile – probabilmente in doppio elleppì – debba essere ancora più spettacolare.
Insomma, non colpirà magari al primo ascolto, questo “The Rainbow Children”, ma non lascerà nemmeno indifferenti: più ascolti dovrebbero rivelarlo presto per quello che è, ovvero uno degli album più divertenti & coinvolgenti della sterminata discografia princiana. – Matteo Aceto