Molto probabilmente “Hot Space” è l’album più controverso e detestato dai fan storici dei Queen. Il motivo? E’ un lavoro pesantemente contaminato da ritmi elettronici, a discapito dei toni ben più rock ai quali i Queen del precedente periodo 1973-81 avevano abituato gli appassionati.
Ad essere sinceri, “Hot Space” non è affatto un disco malvagio – rappresentò comunque un successo commerciale, piazzandosi al 4° posto della classifica inglese – anzi credo che chi più ammira lo stile del Freddie Mercury solista lo troverà molto gradevole. A me è sempre piaciuto. Certo, paragonandolo ai precedenti “Jazz” (1978) e “The Game” (1980) o ai successivi “The Works” (1984) e “A Kind Of Magic” (1986), questo “Hot Space” suona decisamente come un lavoro minore, ma non per le sue qualità intrinseche quanto piuttosto per essere un disco di transizione, una estremizzazione d’un sound che i Queen avevano iniziato a sperimentare già con Fun It, funkeggiante brano tratto proprio da “Jazz”. Nel 1980 i Queen propongono Another One Bites The Dust ed è un successo strepitoso, facendone in poco tempo uno dei brani più rappresentativi dei nostri. Ovvio che i Queen, e soprattutto Mercury, volessero riprovarci con l’album in programma per il 1982.
In realtà il primo singolo tratto dall’album, quella magnifica collaborazione fra i nostri e David Bowie che è Under Pressure, uscì a fine 1981, ed era tutto fuorché un pezzo elettronico o disco o funky che dir si voglia. Bowie cantò alcune parti anche in un altro pezzo, Cool Cat, ma poi quella versione venne rapidamente sostituita con una versione ‘solo-Queen’ dopo poche centinaia di stampe di “Hot Space” (pubblicato in Inghilterra a maggio).
Il primo singolo che fece intuire i contenuti del nuovo album dei Queen fu invece Body Language (edito nell’aprile ’82), brano puramente mercuryano nel quale non mi sembra d’avvertire molto la mano del gruppo: insomma, la chitarra di Brian May non si sente per niente (giusto qualche tocco nel finale), la batteria di Roger Taylor è stata sostituita da una ritmica pre-programmata, così come il basso di John Deacon, che sembra piuttosto una sequenza sintetizzata di note. Un pezzo marcatamente dance, Body Language, dal testo disimpegnato (canta le gioie del sesso…) e dalla struttura circolare e ripetitiva. La voce di Freddie è – serve dirlo? – da paura ma ammetto che anch’io, la prima volta che ho sentito il pezzo, nell’ormai lontano 1992, sono rimasto perplesso. Oggi come oggi Body Language mi sembra un interessante diversivo all’interno d’un canzoniere, quello dei Queen, che continuo a ritenere uno dei più imponenti mai registrato da una band inglese.
Prodotto dagli stessi Queen col tedesco Mack (ecco quindi spiegata l’origine delle ritmiche più squadrate e implacabili che il sound dei nostri assume fra il 1979 e il 1985) fra studi svizzeri di proprietà dei Queen e studi tedeschi di proprietà di Giorgio Moroder, “Hot Space” è un lavoro che in realtà riserva diverse sorprese all’ascoltatore smaliziato: vediamo brevemente gli episodi di questo album – undici in tutto – uno dopo l’altro nella sequenza originale.
1) Con l’iniziale Staying Power (scritta da Mercury) i Queen fanno intendere fin da subito che rotta hanno deciso di seguire con questo album: ritmiche funky, suoni sintetici e preprogrammati, uso della chitarra ridotto all’osso, uso del basso più in funzione melodica che ritmica, testi festaioli. L’unica cosa che non muta è la possente voce di Freddie, in un brano divertente che si avvale d’una calda sezione fiati prodotta e arrangiata dal celebre Arif Mardin.
2) Dancer è un altro disimpegnato brano funky, dove almeno si avverte un lontano suono Queen nel bell’assolo di Brian. Può essere rassicurante o scioccante sapere che l’autore di questo brano è proprio il capelluto chitarrista…
3) Back Chat, edito anche su singolo, è uno dei miei brani preferiti in questo album: scritto da John Deacon, associa un testo intelligente (critico verso le distorsioni gossippare della stampa) ad una grandiosa base di sintetico pop-rock. Mi è sempre piaciuta molto Back Chat, e non mi vergogno ad includerla fra le canzoni più interessanti mai proposte dai Queen.
4-5) Di Body Language ci siamo già occupati, per cui passiamo alla successiva Action This Day, canzone marcatamente ritmica e non a caso scritta dal batterista Taylor. E’ una sorta di marcia veloce, danzereccia ma nemmeno troppo: mi sembra una fusione fra più generi che tutto sommato non mi dispiace.
6) Put Out The Fire è stata scritta da Brian May e si sente! Questo non è solo il pezzo più rock presente in “Hot Space” ma è anche uno dei pezzi più rock dei Queen. Davvero un ottimo brano, dove i nostri sembrano tornare al sound a loro più congeniale, con un Mercury in forma strepitosa e alle prese con un testo che sembra aver a che fare con le cause sociali che hanno portato all’omicidio di John Lennon.
7-8) Ancora John Lennon, e stavolta in forma esplicita, nella successiva Life Is Real che in realtà è una delle canzoni più personali mai scritte dal suo autore, Freddie Mercury. E’ una stupenda ballata che ho sempre considerato fra le migliori cose mai messe su nastro dai Queen. Al contrario, Calling All Girls è forse una delle cinque canzoni più insulse e inutili del gruppo… dico solo che è stata scritta da Roger Taylor. Che se ne vergogni!
9) La delicata ballata dal titolo & dal coro in spagnolo, Las Palabras De Amor (anch’essa edita su singolo), non è cattiva ma resta pesantemente condizionata dal suo arrangiamento elettronico. Una sezione musicale alla Save Me, che so, ne avrebbe potenziato tantissimo la resa sonora.
10) Cool Cat è un altro interessante capitolo nella storia discografica dei Queen: un delizioso funk in tempo medio dove i due autori, Deacon e Mercury, ci offrono una grande prestazione rispettivamente al basso (con tanto di slap) e alla voce (qui altissima, in un falsetto incredibile).
11) Eccoci infine alla suprema Under Pressure, storica collaborazione fra i Queen e David Bowie nata dopo una jam session notturna del tutto casuale. Qui ognuno dei cinque protagonisti dà il meglio di sè: celeberrima parte di basso di Deacon, ottimo supporto batteristico di Taylor, puntuali ed efficaci parti chitarristiche di May, per non dire del magnifico duetto vocale fra Mercury e Bowie. Ecco, penso proprio che Under Pressure sia una delle più belle canzoni mai pubblicate!
E tutto questo non basterebbe a rendere “Hot Space” un gran disco? Non dico un capolavoro, questo non l’ho mai pensato, ma nel 1982 quanti altri dischi potevano vantare una tale inventiva sonora e un simile coraggio nel rimettersi in discussione? Ben pochi… e il “Thriller” di Michael Jackson non era ancora uscito. – Matteo Aceto