Motley Crue, “Red, White & Crue”, 2005

motley-crue-red-white-crue-immagine-pubblicaFino a pochi mesi fa non sapevo praticamente nulla dei Motley Crue, giusto alcune superficiali informazioni sul fatto che la tosta band americana fosse costituita da quattro tipacci poco raccomandabili e che due di essi avessero preso in moglie quelle gran figone di Donna D’Errico e Pamela Anderson.

Un po’ di mesi fa, a gennaio se non ricordo male, in un centro commerciale m’imbattei nella raccolta “Red, White & Crue” ad un prezzo scandalosamente basso e, ingolosito anche dall’adesivo ’18 Motley Crue classics 1981-2005′, decisi di fare l’acquisto.

Se ad un primo ascolto questa selezione del materiale più in vista dei Motley Crue non m’impressionò granché – una sorta di Bon Jovi incattiviti fu il primo commento che mi venne in mente – nei giorni successivi iniziai a consumare il ciddì, sentendolo beatamente sia a casa che in auto. E quindi, insomma, una bella raccolta, quest’unico pezzo di storia motleycruiana presente nella mia collezione di dischi! Percorre tutte le fasi della carriera dei nostri, dai primi punkeggianti pezzi autoprodotti ai due inediti appositamente registrati per questo disco, passando per gli hit storici e alcune rarità.

Vediamo quindi di tracciare un breve profilo delle diciotto canzoni contenute in questa raccolta che, alla fine, dovrebbero fornire anche la storia per sommi capi del noto gruppo di hard rocker losangelini.

1) L’inizio del disco, con Live Wire, è a dir poco esplosivo: una sonorità hard punk molto professionale e notevolmente compatta per un brano coinvolgente, tirato & tosto. A questo punto penso che Live Wire sia già una delle migliori canzoni dei Motley Crue. Scritta da Nikki Sixx, bassista nonché principale autore in seno ai Motley Crue, Live Wire fa parte del primo album dei nostri, un lavoro autoprodotto e intitolato “Too Fast For Love”, pubblicato nel 1981 ma riedito l’anno dopo in grande stile quando la band firmò per una major discografica.

2-3) Altro bel brano tosto e tirato – con una superba parte chitarristica del tetro Mick Mars – è il successivo Piece Of Your Action, scritto da Nikki Sixx col cantante del gruppo, Vince Neil. Lì per lì m’irritava un po’ la cattiva vocetta adolescenziale di Vince, tuttavia ho imparato presto a considerarla parte integrante del sound dei Motley Crue. Sempre tosta & decisa – ma decisamente più tetrale e vagamente più gotica – è Black Widow, registrata sul finire del 1982 ma rimasta inedita, autoprodotta e scritta ancora da Sixx.

4) Proveniente dall’album “Shout At The Devil” (1983), ecco il rock massiccio e stradaiolo di Looks That Kill, con un Vince Neil che ci regala una prova vocale davvero impressionante in quello che è uno dei momenti più esaltanti di questa raccolta. Ancora una canzone scritta da Nikki ma prodotta da Tom Werman, col quale la band collaborerà fino al 1987.

5-6) Muscolosa & melodica al tempo stesso (una costante in gran parte del repertorio motleycruiano… insomma, la band fa casino ma è anche sensibile all’esito delle classifiche), Too Young To Fall In Love è un’altra grande prova hard rock scritta da Nikki e tratta dall’album “Shout At The Devil”. Sempre dal medesimo album – dev’essere una pietra miliare nella discografia dei Motley Crue – ecco l’omonima Shout At The Devil, la cui coralità la rende perfetta in un’esecuzione dal vivo davanti ad un pubblico rock urlante & appassionato.

7) Girls, Girls, Girls, tratta dall’album omonimo pubblicato nel 1987, è una canzone esplicitamente stradaiola: non un granché a dire il vero, un pezzo orecchiabile & coinvolgente ma arrangiato in modo aggressivo che viene salvato dalla prestazione di Mick Mars (soprattutto il bell’assolo finale). Scritta da Sixx con lo stesso Mars e il batterista del gruppo, il ben noto Tommy Lee, Girls, Girls, Girls resta tutto sommato uno dei momenti più piacevoli della raccolta.

8-9) Restiamo sulla strada con un brano che trovo molto impressionante, Wild Side, anch’esso tratto dall’album “Girls Girls Girls” e scritto dalla sezione ritmica dei Motley Crue, ovvero Sixx & Lee. Con Kickstart My Heart – uno dei brani più noti della nostra band losangelina – abbiamo la prima delle numerose collaborazioni dei Motley Crue col celebre produttore Bob Rock. Tratta da quello che molto probabilmente è il maggior successo commerciale dei nostri, l’album “Dr. Feelgood” (1989), Kickstart My Heart è un veloce & trascinante brano hard rock, irresistibilmente commerciale e corale. Sfido un qualsiasi sano appassionato di rock a restare impassibile di fronte a questa canzone, ottima soprattutto se si è alla guida.

10-11) Tratta dall’album omonimo, Dr. Feelgood è un perfetto campione per rappresentare l’hard rock commerciale americano degli anni Ottanta: molta chitarra, ritmo medio decisamente marcato, melodia facilmente riconoscibile e cori ben evidenti nel ritornello. Commerciale ma a suo modo piacevole! Scritta dal gruppo al gran completo, Primal Scream è tratta dalla precedente raccolta “Decade Of Decadence ’81-’91” (1991): segue la falsariga di Dr. Feelgood ma l’arrangiamento complessivo è ben più aggressivo.

12) Dopo tanti pezzi tosti & cattivi, ecco una dolce sequenza pianisticha che c’introduce la maestosa ballata di Home Sweet Home, una canzone che ricorda lo stile dei Queen. Originariamente pubblicata sull’album “Theatre Of Pain” (1985), questa versione della bella Home Sweet Home è un remix del 1991 precedentemente inserito in “Decade Of Decadence ’81-’91”.

13) Hooligan’s Holiday è invece l’unico pezzo tratto dall’album “Motley Crue” (1994), un disco nel quale la formazione dei nostri era composta ancora da Nikki Sixx, Mick Mars e Tommy Lee ma senza Vince Neil: il suo posto venne infatti preso da John Corabi, già cantante degli Scream. Hoolingan’s Holiday è l’unico pezzo di questa raccolta che non riesce a piacermi, col suo hard rock venato di blues e con quella voce, proprio quella ‘nuova’ di Corabi, che non sento affatto parte dello stile di questa band.

14) La formazione originale dei Motley Crue però si riformò presto, e nel 1997 uscì quindi l’album “Generation Swine”, dal quale è stata qui inclusa Beauty. Anch’essa, tuttavia, si discosta dallo stile tipico della band, con un tono basso e più misurato per la voce solista: può darsi che a cantare sia un altro del gruppo e che Vince sia confinato ai cori. Prodotta da Scott Humphrey (coautore del brano con Sixx e Lee), Beauty è una canzone né bella e né brutta che scorre via senza infamia & senza lode.

15) Nel 1998 venne pubblicata una seconda raccolta dei Motley Crue, stavolta intitolata semplicemente “Greatest Hits”: Bitter Pill ne era l’inedita ed è stata poi inclusa anche in questa che è la terza raccolta dei nostri. Qui il sound torna tipico dei Motley Crue, ed infatti Bitter Pill è stata scritta da tutti e quattro e prodotta dal fido Bob Rock. Un pezzo gradevole, più pop rock che altro, grazie ad un ritornello ruffiano e ad un appeal commerciale che la rende adatta ai passaggi radiofonici.

16) L’album successivo dei nostri volponi losangelini vede la luce nel 2000, “New Tattoo”, ma stavolta Tommy Lee non è della partita. Hell On High Heels è il singolo tratto da quell’album ed incluso in questa raccolta: prodotta da Mike Clink (noto soprattutto per aver lavorato con i Guns N’ Roses), questa canzone gradevolmente rock non è particolarmente ispirata, più che altro è suonata con mestiere e convinzione.

17-18) If I Die Tomorrow è la prima delle due nuove canzoni (prodotte ancora una volta da Bob Rock) pensate apposta per questa raccolta, dove i quattro membri storici della band sono nuovamente riuniti sotto lo stesso marchio: pubblicata anche su singolo, If I Die Tomorrow – scritta da Nikki Sixx col gruppo canadese dei Simple Plan – è una decadente ballata hard rock che mi piace moltissimo; segue & conclude il disco un’altra composizione di Nikki, Sick Love Song, ben più dura e che ricorda un po’ l’incedere della travolgente Immigrant Song dei Led Zeppelin.

Tutto sommato “Red, White & Crue” mi sembra un’ottima introduzione alla musica di questi abili mercanti di rock duro che sono i Motley Crue, dato che attraversa tutte le fasi storiche del gruppo. Per chi desideri una visione più approfondita del lavoro di questa band, consiglio invece l’edizione deluxe di “Red, White & Crue”, formata da due ciddì per un totale di trentasette canzoni, fra cui l’inedita Street Fighting Man, cover dei Rolling Stones. – Matteo Aceto

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Sex Pistols

sex-pistolsAmo i Queen, i Genesis, i Pink Floyd ma, evidentemente, i giovani inglesi della metà degli anni Settanta non la pensavano come me. Pareva che i campioni dell’art-rock, del progressive e dell’hard rock fossero troppo distanti dai comuni mortali, e così l’intraprendente Malcolm McLaren, proprietario d’un negozio di tendenza a Londra chiamato Sex, fiutò il cambiamento dei tempi e decise d’investire tempo & denaro per costituire una nuova band che rompesse coi cliché tipici delle rockstar del passato. Partì quindi da Glen Matlock (basso), commesso del Sex, e vi aggiunse due ragazzi di strada, abituali frequentatori del negozio: Steve Jones (chitarra) e Paul Cook (batteria). Mancava ancora un cantante ma McLaren non ebbe dubbi quando al Sex vide entrare un ragazzo dai capelli verdi e con una maglietta strappata dei Pink Floyd con la scritta ‘li odio’. Si chiama John Lydon ma a causa della sua dentatura compromessa venne soprannominato Johnny Rotten (‘Marcio’): la band è quindi completa, assumendo il nome Sex Pistols.

Nel corso del 1976, prima Londra e poi l’Inghilterra intera s’accorsero di questo nuovo fenomeno che stava scuotendo le fondamenta della musica. Anche le case discografiche fiutarono l’affare e si misero a caccia dei Pistols: la spuntò la EMI che pubblicò il loro primo singolo, Anarchy In The U.K., un titolo che è tutto un programma. I Sex Pistols erano però troppo oltraggiosi, estremi & volgari per i gusti del britannico medio e così la EMI stracciò il contratto. Subentra così la A&M ma anch’essa in poco tempo scarica la band che, nonostante tutto, beneficiò degli indennizzi per inadempienze contrattuali e soprattutto di pubblicità gratuita. Siamo intanto nel 1977, le punk band sono ormai una realtà in Inghilterra con gruppi quali Damned, Clash, Generation X, Siouxsie And The Banshees e altri, coi tempi che sono ormai maturi per l’esplosione del genere. I Sex Pistols firmano infine con la Virgin e pubblicano lo strepitoso singolo God Save The Queen per il giubileo della regina: il ritornello della canzone canta ‘no future’ ed è tutto dire in una nazione in piena recessione economica.

Intanto Malcolm McLaren pensò bene di sostituire il musicista più dotato, Glen Matlock, con Sid Vicious, un fan della prima ora dei Pistols che nel corso dei loro concerti aveva inventato il pogo; in precedenza, Sid aveva militato nei Banshees e nei fantomatici Flowers Of Romance. A fine anno, dopo diverse polemiche e boicottaggi, uscì finalmente “Never Mind The Bollocks“, album straordinario (nel vero senso della parola) che volò al primo posto della classifica inglese. Alcune parti di basso sono suonate da Glen Matlock (riassunto, pare, per completare il lavoro in studio) e altre da Steve Jones ché Vicious non ne era capace, anche se dal vivo la cosa non aveva alcuna importanza. Ormai tutti parlavano di questa nuova band che sapeva suonare a malapena (così si diceva), che cantava di aborto, di precariato, di mancanza d’ideali e d’anarchia, che insultava tutti, compresi pubblico e manager. Il gioco dura poco, però: nel gennaio ’78, mentre la band si trovava in tour negli USA, Rotten pensò d’averne avuto abbastanza e mollò malamente i Pistols, mentre Vicious era ormai un tossicodipendente che correva a folle velocità sulla strada per l’autodistruzione.

Per un po’ la band fu data per spacciata – Johnny nel frattempo fondò i mitici PiL con Keith Levene – ma nel corso dell’anno riuscì a risorgere in un modo o nell’altro: iniziarono le audizioni per un nuovo cantante e McLaren trovò addirittura i fondi per realizzare un film con & sui Sex Pistols. Steve Jones e Paul Cook, i due elementi più legati nel gruppo, si assunsero il compito di scrivere nuovi brani, molti dei quali cantati dallo stesso Jones. Incisero un paio di canzoni pure con Ronnie Biggs, un fuorilegge inglese rifugiato in Brasile. Sid Vicious partecipò cantando in due cover, My Way e Somethin’ Else, per il resto era diventato un solista che a quanto pare andava avanti solo per procurarsi i soldi necessari per la droga. La grandiosa e delirante colonna sonora del film “The Great Rock ‘N’ Roll Swindle” uscì nel 1979, quando ormai Sid era già morto per overdose, mentre il film vero e proprio uscì nelle sale nei primi mesi del 1980, quando Jones e Cook ne avevano avuto abbastanza anche loro dei Sex Pistols e di Malcolm McLaren.

Intanto, se nel ’78 Rotten recuperò il suo vero nome, John Lydon – e come già detto diede vita ai Public Image Ltd. – Sid Vicious diventò un cantante solista, facendosi accompagnare dal vivo dalle stelle più in vista del punk rock: il suo collega nei Pistols Glen Matlock, poi Steve New, Mick Jones dei Clash, Rat Scabies dei Damned, e altri. Ma il suo gioco durò poco perché una fatale overdose lo stroncò nel febbraio ’79, dopo essere finito in galera per il suo presunto omicidio di Nancy Spungen, la sua discussa fidanzata. Sid ci ha lasciato parecchi bootleg (le incisioni illegali) e un solo disco ufficiale, il trascurabile “Sid Sings”, registrato dal vivo.

Glen Matlock fondò un gruppo con Steve New alla chitarra e un emergente Midge Ure al microfono: sono i Rich Kids, che pubblicarono però un solo album, “Ghosts Of Princes In Towers”. Poi Ure si unirà prima ai Visage e poi definitivamente agli Ultravox, mentre Matlock entrò nella band del grande Iggy Pop, accompagnandolo sia sul palco che nelle sessioni in studio. Nel corso degli anni Ottanta, Glen darà vita ad altre band, suonando con numerosi altri artisti, prima di pubblicare il suo primo album solista nel 1996, “Who He Thinks He Is When He’s At Home”.

Steve Jones e Paul Cook, invece, decisero di restare uniti, del resto la band originale era nata attorno a loro due: nel 1980 formarono così un nuovo gruppo, The Professionals, che, nonostante il grande album “I Didn’t See It Coming” (1981), giunse al prematuro scioglimento nel 1982, con Jones che ormai era entrato nel tunnel della tossicodipendenza. Ma i due sono tosti e non si arresero: entrambi suonarono con The Avengers, Sham 69, Thin Lizzy, Joan Jett, Johnny Thunders, mentre Cook produsse le Bananarama e, in seguito, suonò per diversi altri artisti (soprattutto Edwin Collins). Jones, nonostante i suoi problemi, fu però più attivo: prima fondò i Chequered Past (che pubblicarono un solo album nel 1984), poi suonò per Iggy Pop (a più riprese), per i Megadeth, per Andy Taylor dei Duran Duran e negli anni Novanta fondò i Neurotic Outsiders con membri dei Duran Duran, dei Guns N’ Roses e dei Cult. Nella seconda metà degli anni Ottanta, comunque, Jones si ripulì e pubblicò due album solisti: il primo, “Mercy” (1987), è un disco caldo e melodico, sembra incredibile che sia dello stesso uomo che solo dieci anni prima suonava la chitarra nei Pistols; l’altro è “Fire And Gasoline” (1989), più tosto, che si avvale di musicisti d’eccezione come Axl Rose, i Cult e Nikki Sixx dei Motley Crue.

Siamo ormai negli anni Novanta, John Lydon scioglie i PiL nel ’93 e tre anni dopo accetta di riunirsi ai Sex Pistols per una serie di concerti. Sì, perché nel 1996 Matlock, Jones, Cook e quindi Lydon suonano in giro per il mondo nel corso del “Filthy Lucre Tour”, riportando in auge il nome dei Sex Pistols. La reunion si ripete nel 2002, in occasione del secondo giubileo della regina d’Inghilterra e per il 25° anniversario del punk. Per l’occasione, la Virgin pubblica un cofanetto di tre ciddì che ripercorre la storia dei Pistols, mentre il regista Julien Temple celebra la band col film “The Filth And The Fury”.

Beh, ormai avrete capito tutti che, piacciano o no, questi Sex Pistols si sono conquistati un posto nella storia della musica e che la loro, a ben vedere, è una vicenda molto più lunga ed influente di ciò che la loro esigua discografia lascia supporre. – Matteo Aceto