Marvin Gaye, “Let’s Get It On”, 1973

Marvin Gaye, Let's Get It On, immagine pubblica blogSe l’album “What’s Going On” (1971) viene indicato come il capolavoro indiscusso di Marvin Gaye, un disco come “Let’s Get It On”, pubblicato sempre dalla Motown due anni dopo, non è certamente da meno. E se i testi di “What’s Going On” affrontavano prevalentemente temi sociali (alcuni dei quali ancora drammaticamente attuali), quelli di “Let’s Get It On” riflettono soprattutto il rapporto di coppia e più in generale il rapporto con l’altro sesso. Ecco, il sesso. “Let’s Get It On” è stato definito un album ad alto tasso erotico, uno dei dischi più sexy di sempre, come ho spesso sentito dire a proposito di quest’album, ma è anche vero che contiene uno dei pezzi più tristi e più commoventi che io abbia mai sentito, quella Just To Keep You Satisfied posta debitamente a chiusura dell’intero lavoro.

Tanto estrosa e facilmente immedesimabile per l’ascoltatore una canzone come Let’s Get It On (singolo apripista dell’album, brano principale con tanto di “parte due”, Keep Gettin’ It On, nonché pezzo più popolare contenuto nel disco), praticamente un invito alla copula, quanto personale e autobiografica una canzone quale Just To Keep You Satisfied si rivela. Sofferto ma appassionato addio alla moglie Anna, sorella di Berry Gordy, fondatore-capo della Motown, Just To Keep You Satisfied, è soul allo stato puro, la quintessenza di Marvin Gaye, si potrebbe forse azzardare.

Tra due canzoni spettacolari come l’iniziale Let’s Get It On e la conclusiva Just To Keep You Satisfied, quello che sta a metà del disco non è certamente da meno: due brani pop-soul da manuale, ovvero Please Stay (Once You Go Away) e If I Should Die Tonight, la saltellante e gioiosa Come Get To This, una ballad da brividi come Distant Lover e il funky languido di You Sure Love To Ball. Il tutto suonato assieme ai sempre impeccabili musicisti turnisti della Motown, che tanta parte hanno avuto nel successo di questa storica etichetta discografica.

Un album, questo “Let’s Get It On”, che non è certamente da meno a “What’s Going On”, come si diceva: dai brani inediti e dalle versioni alternative delle canzoni tratte dai due album, infatti, sappiamo come i due progetti siano in realtà frutto di una lunga serie di registrazioni avvenute tra il 1969 e il ’73 quasi senza soluzione di continuità. Un brano come Distant Lover, per esempio, era già stato quasi ultimato durante la lavorazione di “What’s Going On”, mentre la versione originale di Just To Keep You Satisfied, una canzone originariamente pensata per gli Originals (sempre della scuderia Motown) è stata successivamente “riciclata” dallo stesso Marvin Gaye (autore e produttore del brano) per le sue God Is Love (per quanto riguarda la musica) del ’70 e quella Just To Keep You Satisfied posta in chiusura dell’album oggetto di questo post, opportunamente riscritta come addio ad Anna.

Insomma, un’unica grande vicenda artistica – oltre che umana, a ben vedere – quella compiuta da Marvin Gaye tra il ’71 e il ’73, un biennio nel quale non solo ha realizzato gli album più belli & importanti della sua carriera –  “What’s Going On” e “Let’s Get It On”, ovviamente – ma anche la colonna sonora di “Trouble Man” (1972), il singolo politico You’re The Man (1972) e un album di duetti con Diana Ross, “Diana & Marvin” (1973). Quando di dice: troppa grazia… – Matteo Aceto

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Prince, “4ever”, 2016

prince-4everChe Prince non sia più di questo mondo mi fa ancora impressione. Che nella compilation postuma che la Warner Bros si appresta a pubblicare, chiamata “4ever” con tipico stile princiano, ci sia scritto “Prince Rogers Nelson 1958-2016” è un qualcosa che trovo ancora un tantino sconvolgente.

Mi ci sono voluti anni per metabolizzare il lutto di Michael Jackson, figuriamoci per quanto ne avrò con David Bowie, Glenn Frey e lo stesso Prince, tutti venuti a mancare in questo a dir poco inquietante 2016. Ma tant’è… è la vita, bellezza, e ne facciamo tutti parte.

In quaranta brani, dal disco-funk di Soft And Wet (1978) al rock di Peach (1993), la nuova antologia “4ever” dedicata a Prince presenta una cavalcata trionfale di successi e momenti memorabili di quello che – ormai pacificamente – possiamo definire l’epoca d’oro di Prince come artista di fama internazionale. Gli anni della Warner Bros, per l’appunto, che proprio nel 1993 volsero polemicamente al termine con Prince che preferì addirittura cambiare nome pur di svincolarsi da quello che riteneva un contratto capestro, stipulato quando aveva a mala pena vent’anni d’età.

Dopo la Warner, Prince non ha certamente smesso di far pubblicare i suoi dischi, appoggiandosi per la distribuzione a un po’ tutte le altre etichette controllate dalle major del disco, dalla EMI alla Sony, passando per la Arista e addirittura la Motown (entrambe sotto l’egida Universal), con risultati artistici quasi mai all’altezza delle aspettative ma pur sempre degni d’attenzione, finché non ha trovato un nuovo accordo con mamma Warner, ridefinito nel corso del 2014.

Ed è proprio per effetto di tale accordo che oggi stiamo qui a parlare di questa nuova raccolta, “4ever” (che comunque un pezzo inedito lo contiene, Moonbeam Levels, inciso nel 1982 a quanto pare), e dei classici album di Prince di nuovo in LP. Insomma, si potrebbe facilmente accusare la Warner di sciacallaggio, come in effetti alcuni non hanno mancato di fare, ma tutto ciò che sta uscendo in questo 2016 e che uscirà almeno fino a tutto il 2017 è frutto del trattato di pace Prince-WB stipulato due anni fa.

Non credo che andrò a comprarmi “4ever” – a parte il brano inedito, del quale confesso di non saperne un bel nulla, gli altri diciannove brani li ho già nelle precedenti antologie e negli album di quel periodo – a meno che non si presenti con una grafica particolare o sotto forma di “lussuoso” cofanetto. Sono tuttavia interessato all’annunciata riedizione di “Purple Rain” del 2017, finalmente ufficializzata, anche se non se ne conosce ancora il contenuto, né il mese esatto di pubblicazione. Avremo certamente modo di tornare sull’argomento. Anche perché il sospetto ormai è fondato: Prince acquisirà sempre più importanza col passare degli anni. Non sarà facile dimenticalo, anzi… ci mancherà enormemente. – Matteo Aceto

Marvin Gaye: “What’s Going On”, ancora un’edizione deluxe!

Marvin Gaye - What's Going OnLo scorso marzo sono riuscito finalmente a pubblicare un post su quello che resta sempre uno dei miei dischi più amati, “What’s Goin On” di Marvin Gaye. Ebbene, citando le notevoli riedizioni deluxe del 2001 (per il trentennale dell’album originale) e del 2011 (per il quarantennale), già ne pregustavo una “50th Anniversary Edition” per il 2021, ma ho appena saputo che la Motown ha bruciato i tempi! Il mese prossimo, infatti, uscirà una terza edizione deluxe di “What’s Going On”, in occasione dei quarantacinque anni di quest’autentica pietra miliare della storia della musica.

Spulciando un po’ sulle versioni inglesi e francesi del sito di Amazon (quella italiana manco a parlarne…), ho appreso così che What’s Going On 45th Anniversay Edition sarà disponibile dal 18 novembre in quadruplo elleppì. Purtroppo le notizie sono attualmente fin troppo scarne, per cui non ho idea di come possa apparire materialmente questo cofanetto. Se sempre di cofanetto si tratti, o se non sia una sorta di doppio album del tipo gatefold che possa ospitare due vinili per lato.

Anche sul contenuto non c’è ancora certezza: da quanto ho capito, dovrebbe trattarsi di due vinili dedicati, rispettivamente, al mix standard dell’album (quello pubblicato originariamente nel 1971, chiamato “L.A. Mix”) e quindi al “Detroit Mix” (quello ufficializzato per la prima volta nel 2001, su ciddì, e poi nel 2011 su vinile), mentre gli altri due vinili dovrebbero essere dedicati all’esibizione dal vivo che Marvin e la sua band tennero al Kennedy Center il 1° maggio 1972. Anche questa storica esibizione è stata pubblicata nell’edizione 2001 di “What’s Going On”, per cui questa riproposizione quadrupla datata 2016 non dovrebbe aggiungere una sola nota inedita a tutto quello che già conosciamo del capolavoro di Gaye.

AGGIORNAMENTO DEL 2 AGOSTO 2018: Avendo finalmente messo le mani su una copia dell’edizione in questione, posso affermare che si tratta semplicemente della ristampa in vinile (quadrupla, come detto) dell’edizione deluxe di “What’s Going On” originariamente pubblicata nel 2001. – Matteo Aceto

Stevie Wonder, “Songs In The Key Of Life”, 1976

Stevie Wonder Songs In The Key Of LifeDopo aver dedicato un post a un capolavoro della Motown come “What’s Going On” di Marvin Gaye, mi sembra opportuno citare anche un altro discone edito dalla stessa etichetta in quegli stessi anni Settanta, ovvero “Songs In The Key Of Life” di Stevie Wonder. Semplicemente tra i dischi più belli che io abbia mai sentito, “Songs In The Key Of Life” venne originariamente pubblicato nel 1976 in doppio vinile con tanto di 45 giri aggiuntivo da quattro canzoni. Insomma, ventuno brani complessivi per un’opera d’arte mastodontica, giustamente considerata da molti critici e appassionati come il miglior atto della longeva discografia di Stevie Wonder.

“Songs In The Key Of Life” è un lavoro caldo, professionale, melodico, coinvolgente, ricco d’inventiva, con bei testi (soprattutto amore, disuguaglianza sociale e diritti civili), bei cori ma soprattutto… belle canzoni a volontà! Alcune sono diventate dei grandi successi, altre hanno acquisito maggior fama negli anni a venire perché riproposte da altri artisti: ecco quindi gli straordinari singoli Sir Duke (un omaggio a Duke Ellington), l’irresistibile I Wish, la strafamosa Isn’t She Lovely e la festaiola Another Star; e ancora, la suadente Pastime Paradise (riproposta negli anni Novanta da una meteora, Coolio, che ne ha fatto una famosa versione rap), la melodica & coralissima As (riproposta da George Michael con Mary J. Blige, sempre nei Novanta) e una serie di brani che in un modo o nell’altro mi sembra di conoscere da sempre, come la magnifica Love’s In Need Of Love Today, la ballatona soul di Joy Inside My Tears, la maccartiana Ebony Eyes (sarà forse un caso che qualche anno dopo Stevie Wonder e Paul McCartney abbiano duettato in una splendida canzone chiamata Ebony & Ivory?) e la sintetica ma melodicissima Saturn. Un’altra perla, secondo me, è Ngiculela-Es Una Historia-I Am Singing dove il nostro non solo si cimenta con tre lingue differenti ma sfodera una prestazione vocale suprema.

Veramente da applausi sbucciamani le altre ballate, vale a dire Knocks Me Off My Feet, Summer Soft, la prima parte di Ordinary Pain (la seconda, affidata ad una voce femminile, è irresistibilmente funky) e If It’s Magic. Molto interessanti, e incredibilmente all’avanguardia per il sound dell’epoca, i pezzi più funk e soul: oltre alla già citata I Wish, la lunga e complessa Black Man, ad esempio, sembra anticipare le sonorità breakdance e rap degli anni Ottanta. Notevole il tocco fusion d’uno strumentale coi fiocchi, la vivace Contusion, mentre deliziosamente consolante suona il secondo pezzo strumentale in programma, il conclusivo Easy Goin’ Evening (My Mama’s Call), affidato all’inconfondibile armonica a bocca del nostro.

A proposito, qui il buon Stevie non si risparmia mai, suonando con grande padronanza e disinvoltura un po’ tutto quello che gli capita fra le mani: tastiere, sintetizzatori, pianoforte, basso, percussioni, armonica, effetti vari, oltre che una serie incredibile di cori da supporto alla sua stessa voce. Per il resto (e che resto!), il nostro si affida a preziosi collaboratori: i chitarristi Mike Sembello (quello che negli anni Ottanta riscosse una notevole popolarità col singolo Maniac, tratto dal film “Flashdance”) e il più celebre George Benson, il bassista Nathan Watts, i tastieristi Greg Phillinganes e Herbie Hancock, il sassofonista Jim Horn e tanti altri che contribuiscono con ottoni vari, percussioni assortite, arpe, organi, cori maschili e femminili.

Insomma, un album grande da qualsiasi punto di vista lo si osservi, questo “Songs In The Key Of Life”, un altro di quei titoli che non possono assolutamente mancare nella collezione d’un qualsiasi appassionato di musica. Recentemente, in occasione dei quaranta anni di “Songs In The Key Of Life”, Stevie Wonder si è lanciato in un tour internazionale dove vengono riproposte dal vivo tutte le canzoni originali del disco; chissà se ne seguirà anche una specifica riedizione celebrativa. Nel caso, avremo sicuramente modo di riparlarne. -Matteo Aceto

(originariamente pubblicato il 15 gennaio 2008)

Marvin Gaye, “What’s Going On”, 1971

Marvin Gaye - What's Going OnNon so più quante volte, nella prima edizione di Immagine Pubblica, ho provato a scrivere un post decente su “What’s Going On”, l’album capolavoro di Marvin Gaye, originariamente pubblicato dalla Motown nel 1971. Una bozza di post dietro l’altra, senza concludere nulla di buono, senza mai pubblicare alcunché in proposito, così come mi è capitato per un’altra manciata di dischi che continuo a sentire & amare nonostante il passare degli anni.

Ora è pur vero che per scrivere qualcosa di sensato su “What’s Going On” non mi basterebbe un solo post, anzi credo che ci vorrebbe un intero blog. Questo caposaldo della black music, infatti, ha una storia tanto affascinante e complessa che si rischia il trattato piuttosto che il post. E io non ho la competenza necessaria per affrontare un tale argomento. E anche se l’avessi (a volte sono in grado pure di sorprendere me stesso), certo non ne avrei il tempo. E poi chi mi starebbe a leggere?! Mi limiterò dunque ad alcune considerazioni personali a proposito d’un album che molti appassionati di musica citano come IL miglior album di sempre, o anche soltanto come IL più bel disco di sempre.

Non sono mai stato in grado di fornire giudizi assoluti, in nessun ambito, ma devo ammettere che “What’s Going On” non è soltanto il disco più bello e importante di Marvin Gaye ma è in effetti uno dei dischi più belli che io abbia mai ascoltato e di sicuro è uno dei dischi migliori che io possa vantare nella mia collezione. Tanto per dire, di “What’s Going On” ho ben tre edizioni:  un ciddì standard, che poi è quello che mi ha permesso di scoprire per davvero l’album in sé, tanti anni fa; un doppio ciddì dall’invitante titolo di “Deluxe Edition”, edito nel 2001 in occasione dei trent’anni dell’album originale; un doppio ciddì + vinile dal ghiotto titolo di “Super Deluxe Edition”, edito nel 2011 in occasione dei quarant’anni dell’album originale. Voi pensate che nel 2021 non pubblicheranno un’edizione speciale per i cinquant’anni di “What’s Going On”? E voi pensate che io non mi fionderò in negozio per artigliare come un falco la mia bella copia?!

Che cos’ha tanto di speciale questo disco…beh, innanzitutto ha delle belle canzoni, ovviamente: un pezzo strafamoso come l’eponima What’s Going On, ma anche quella che probabilmente resta la miglior canzone di Marvin Gaye, ovvero Inner City Blues (Make Me Wanna Holler), senza poi citare canzoni che ti entrano dentro e non se ne vanno più, come Right On, Mercy Mercy Me, Flyin’ High (In The Friendly Sky), Save The Children e Wholy Holy. E poi è un disco senza tempo, una musica che in questi quarantacinque anni non ha perso niente del suo fascino, della sua classe, e della sua capacità di coinvolgerci tanto emotivamente quanto ritmicamente. Se i testi delle nove canzoni che formano “What’s Going On” sono seri e importanti – e alcuni di loro, c’è da dire, ancora tristemente attuali – come la disuguaglianza sociale, la repressione violenta di ogni voce che sia di protesta, la tossicodipendenza, l’inquinamento, la vita nei ghetti neri, ma anche la fede in Dio e la speranza nella sua misericordia – la musica di tali canzoni è molto ritmica, suonata da musicisti di prim’ordine (come è tipico delle produzioni Motown, del resto), orchestrata splendidamente ed eseguita come se tutto il disco fosse un’unica suite di appena quaranta minuti, con molti dei temi e delle melodie che si ripropongono e si intrecciano nell’ascolto dell’opera complessiva.

Un disco immenso, “What’s Going On”, non c’è molto altro da dire. Se siete appassionati di musica, un disco come questo non può mancare tra i vostri titoli e se anche voi, come me, siete dei maniaci per la musica, non perdete tempo con le varie edizioni e andatevi a recuperare la “Super Deluxe Edition” del 2011: in due ciddì trovate l’album originale del ’71, la prima versione del singolo di What’s Going On del ’70 (senza orchestra, poi scartata), i lati A e B originali dei singoli estratti dall’album (comprese le versioni in mono), e quindi tutta una serie di interessantissimi brani strumentali incisi in quel periodo, molti dei quali inediti e qui riproposti in ordine cronologico con tanto di note tecniche. Nel vinile di questa superba edizione, il leggendario “Detroit Mix” che venne ufficializzato soltanto nel 2001, e qui per la prima volta su vinile (un vinile di fattura non proprio eccelsa, devo però ammettere). Il tutto nel grande formato di un doppio vinile, con libretto di pari dimensioni con tutta la storia dell’album, le note tecniche e le foto del periodo. Davvero imperdibile.

Ed ora che ho finalmente scritto un post su “What’s Going On”? Era questo quello che avevo in mente? Si poteva fare di più? Certamente, anche parlando della differenza tra il già citato “Detroit Mix” e lo standard “L.A. Mix”. Ma il “contaparole” qui accanto mi dice che ho già superato le ottocento parole. Forse è il caso di finirla qui. Buon ascolto, che poi è la cosa essenziale! – Matteo Aceto

Michael Jackson: storia e discografia

(FILES) US pop star and entertainer MichNon l’ho mai negato e non devo certo vergognarmene: a me Michael Jackson è sempre piaciuto. Voglio dire, la sua musica e il suo innegabile talento visionario. Per me, Michael rimane un personaggio legato all’infanzia, agli anni Ottanta, quando rimanevo incantato davanti alla tivù nel vedere i suoi celebri videoclip: Thriller, Beat It, Billie Jean, Dirty Diana, Bad, Smooth Criminal e altri. Però è stato nei Novanta che ho iniziato a comprare i suoi dischi, anche se in quel periodo m’è un po’ crollato il mito per via dei tanti scandali – veri o presunti – che hanno accompagnato il nostro fino alla fine.

Personaggio fra i più eccentrici, carismatici e controversi che la dorata industria del pop-rock abbia mai proposto al grande pubblico, Michael Jackson s’è conquistato nello spazio di pochi anni, e con una manciata di album, un posto di diritto nella storia della musica ma anche del costume e della cultura, influenzando e stregando più d’una generazione. Insomma, piaccia o meno, la presenza di Michael Jackson fa parte del nostro vissuto quotidiano, al pari di altri personaggi leggendari come Elvis Presley, John Lennon o Frank Sinatra.

La storia artistica di Michael Joseph Jackson, nato in Indiana (USA) nel 1958, parte veramente da lontano, quasi quanto la sua stessa vita biologica: infatti a cinque anni già canta nei Jackson 5, un gruppo perlopiù vocale composto da altri quattro fratelli, che entro pochi anni inizierà ad incidere per una major discografica, la celeberrima e prestigiosa Motown. Il nostro è un autentico bambino prodigio, canta, balla e dà spettacolo che è una meraviglia, e in breve tempo cresce anche la sua consapevolezza d’artista: sarà proprio lui, a metà anni Settanta, a volersi slegare dalla Motown perché sentiva il bisogno di svincolarsi dalle imposizioni di manager e produttori. E così, a parte il fratello Jermaine Jackson (sentimentalmente legato alla figlia di Berry Gordy, boss della Motown), i Jackson passano alla Columbia (in seguito acquistata dalla potente Sony), aggiungono un altro fratello, Randy, e l’avventura riparte sotto il nome di The Jacksons.

La vicenda discografica dei Jacksons proseguirà fra enormi successi fino al 1984, quando i sei figli maschi di casa Jackson (ve ne sono altri tre di figli, tre femmine, fra cui la famosa Janet) pubblicheranno l’album “Victory” e ne celebreranno i fasti con un imponente tour mondiale. Nel frattempo Michael ha avuto modo d’oscurare non solo i suoi fratelli ma anche ogni altra star musicale del tempo, grazie allo straordinario successo di “Thriller” (1982), tuttora l’album più venduto di sempre. Ma, a ben vedere, già nel 1979, con l’uscita del suo album solista “Off The Wall”, il nostro ottiene uno strepitoso successo di critica e pubblico (l’album vende dieci milioni di copie in tutto il mondo, mica noccioline…), imponendosi con due grandiosi singoli danzerecci, Rock With You e Don’t Stop ‘Til You Get Enough, e una toccante ballata, She’s Out Of My Life.

Nel corso degli Ottanta, dopo il successo planetario di “Thriller”, Michael Jackson diventa quel re del pop che tuttora molti ricordano come tale, pubblicando l’album “Bad” (1987) e singoli famosi come The Way You Make Me Feel, Man In The Mirror, Bad, Dirty Diana e Smooth Criminal. Inoltre, scrive con Lionel Richie la famosissima We Are The World per un imponente progetto benefico al quale prendono parte le maggior stelle del pop-rock americano del periodo.
Diversi videoclip di Michael figurano celebrità hollywoodiane quali John Landis, Martin Scorsese, Dan Aykroyd e Eddie Murphy, e lui stesso avrà modo di cimentarsi occasionalmente col cinema, in particolare col film musicale di “Moonwalker” (1988).
Impressionante anche la lista di chi, nel corso degli anni, ha suonato e cantato al suo fianco: Stevie Wonder, Paul McCartney, Freddie Mercury, Diana Ross, Barry Gibb, Mick Jagger, i Toto, Quincy Jones, Slash, Eddie Van Halen, Steve Stevens e altri ancora.

Arrivano gli anni Novanta e per Michael Jackson arrivano anche altri successi, come testimoniato dall’album “Dangerous” (1991) e dai suoi singoli estratti: Black Or White, Heal The World, Remember The Time, Jam e In The Closet sono tutti scalatori di classifiche internazionali. Tuttavia sarà proprio a cavallo degli Ottanta e dei Novanta che il grande pubblico prende più a chiacchierare della vita privata di Michael che della sua carriera artistica: il cantante, infatti, si è sottoposto a svariati interventi chirurgici ed estetici, che, di fatto, l’hanno trasformato in un altro. Il suo nome figurerà così più sui tabloid scandalistici che sulle riviste musicali, grazie ad una serie di manie, fobie e stranezze che Michael manifesterebbe in privato e talvolta anche in pubblico.

Nel 1993, infine, la botta finale: Jackson viene accusato e processato per molestie a minori. Processi che si ripeteranno altre volte, per almeno altri dieci anni, con grande attenzione mediatica in tutto il mondo. Qualcosa di vero deve pur esserci ma una colpevolezza effettivamente provata non s’è mai prodotta… per quanto mi riguarda, mi rifiuto di credere che uno come Michael Jackson – la stella della musica che più ha donato in beneficenza – abbia mai violentato un solo bambino.

Nel frattempo la sua musica va avanti, anche se la sua immagine, e quindi la sua credibilità, sono notevolmente compromesse: nel 1995, dopo un chiacchieratissimo matrimonio (durato poco più di un anno) con Lisa Marie Presley, la figlia del celeberrimo Elvis, Michael pubblica il doppio “HIStory“, metà raccolta antologica e metà nuovo album, che riscuote dappertutto un enorme successo. Non così potrà dirsi di “Invincible” (2001) che, dopo l’ottimo singolo You Rock My World, non farà più parlare di sé, divenendo quindi il primo vero flop di Jackson. Un flop da dieci milioni di copie, ovviamente. Seguirà quindi una marea imbarazzante di raccolte e ristampe curate dalla Sony che dura tuttora.

Eccoci infine al 2009: l’anno che avrebbe dovuto segnare il ritorno in grande stile di Michael Jackson – con una residency di concerti a Londra che aveva già fatto segnare il tutto esaurito mesi e mesi prima – che viene ricordato per sempre come quello della fine, il sogno di vedere nuovamente il re del pop senza più macchie né aloni che si traduce nell’incubo di una morte improvvisa che ha letteralmente commosso il mondo intero. Una morte che, se non altro, ci ha fatto capire una volta per tutte quanto è stato importante Michael Jackson per tutti noi. La storia della musica senza un personaggio così, noi non ce la possiamo proprio immaginare [ultimo aggiornamento: 18 settembre 2018].

DISCOGRAFIA SOLISTA 1971-2001: “Got To Be There” (1972), “Ben” (1972), “Music & Me” (1973), “Forever, Michael” (1975), “Off The Wall” (1979), “Thriller” (1982), “Bad” (1987), “Dangerous” (1991), “HIStory” (1995), “Blood On The Dancefloor” (1997), “Invincible” (2001).

Michael Jackson, “Thriller (25° Anniversary Edition)”, 2008

michael-jackson-thriller-immagine-pubblicaUn mio amico, fan accanito di Michael Jackson, s’è ovviamente comprato l’edizione deluxe della nuova versione di “Thriller”, l’album dalle vendite multimilionarie pubblicato sul finire del 1982 e di recente ristampato con brani aggiuntivi e dvd contenente gli straordinari videoclip originali.

Stavo per comprarmela anch’io, questa scintillante riedizione del classicissimo di Michael, poi però ho preferito chiedere maggiori dettagli al mio amico: pensavo di trovarlo entusiasta, invece mi ha parlato molto male di questa ristampa, consigliandomi infine di risparmiarmi le venti carte necessarie all’esborso. Tuttavia è stato così gentile da prestarmi la sua copia, prima – così mi ha detto – d’imbustarla per sempre in una confezione antipolvere e di riporla sulla mensola dove tiene tutto il materiale video/discograficamente collezionabile di Michael.

Beh, a questo punto, prima di riconsegnargliela, ne approfitto per recensirla sul blog!

Esternamente la confezione promette benissimo: cartonata, a mo’ di libretto, con la foto che vedete in alto posta in copertina e la foto originale dell’album sul retro, il tutto arricchito da sgargianti cromature e da scritte dorate. Anche il libretto interno si presenta bene, è elegante contiene una nota introduttiva da parte di Michael (più che altro un ringraziamento ai fan) tutti i testi delle canzoni, la lista – imponente & già spettacolare di per sè – dei musicisti che vi suonano, i disegni che apparivano sulla busta del vinile originale e parecchie fotografie. Ecco, il problema sono appunto tutte queste fotografie: a parte un’interessante collezione che ci mostra le varie edizioni dei sette singoli estratti dall’album – Beat It, Thriller, Wanna Be Startin’ Somethin’, Billie Jean, P.Y.T., The Girl Is Mine con Paul McCartney e Human Nature – il grosso delle foto riguarda fermimmagini prese dal video di Thriller. Ok, giusto, va pure bene, però quel fantastico video mi viene mostrato in tutta la sua lunghezza (ben tredici minuti) nel dvd incluso, per cui… avrei preferito note tecniche sull’album, su come è stato composto e/o registrato (andava bene pure la trascrizione delle interviste audio del geniale produttore Quincy Jones incluse nella ristampa di “Thriller” del 2001), su qualche cazzuta nota critica d’un qualche cazzuto giornalista musicale. Insomma, un po’ di parole in più ci stavano bene, in fondo con questa ristampa si vuole celebrare una storia.

Ora però passiamo brevemente al ciddì audio, trattando separatamente l’album originale – composto da nove canzoni – e le sette tracce aggiunte…

1) “Thriller” inizia in modo assai danzereccio, grazie alla divertita & divertente Wanna Be Startin’ Somethin’, sorta di breakdance in grande stile dove a risaltare sono perlopiù le percussioni, i cori e la magnifica prestazione vocale di Michael. Una canzone che forse avrebbe giovato di una durata più breve, tuttavia è diventata ormai un classico per cui va bene così.

2) Baby Be Mine è una delle canzoni jacksoniane che più mi piacciono: un caldo brano funk-pop suonato & cantato con immensa classe. Mi sembra un’ottima rilettura della già ottima Rock With You, pubblicata sull’album “Off The Wall” (1979).

3) Il duetto con McCartney, The Girl Is Mine, è stato pubblicato come primo estratto dall’album: è una deliziosa canzone easy-listening, dove Michael e Paul bonariamente competono per conquistare il cuore della girl in questione. Anche in questo caso, The Girl Is Mine resta una delle mie canzoni jacksoniane preferite.

4) Segue il brano che dà il titolo all’album, Thriller, quel geniale & contaminato pezzo dance ormai diventato un classico, inframezzato dalla diabolica recitazione dell’attore horror Vincent Price.

5) La potente Beat It dovrebbero conoscerla pure le pietre, tanto è strafamosa! All’epoca mise daccordo gli appasionati di musica nera coi bianchi rockettari, grazie all’avvolgente assolo di chitarra di Eddie Van Halen e al grintoso arrangiamento complessivo, una perfetta fusione fra funk e rock, il tutto amalgamato dal pop che tanto strizza l’occhio alle classifiche di vendita.

6) Segue un altro grande classico di Michael, forse la sua canzone che più preferisco in assoluto, Billie Jean. Anche in questo caso, alzi la mano chi non la conosce… anzi, no, vada a nascondersi rosso di vergogna!

7-8) Se la suadente ballata funky di Human Nature mi suona come una delle migliori mai interpretate dal nostro, la successiva P.Y.T. (Pretty Young Thing) è invece la canzone di “Thriller” che meno mi piace; non che sia brutta ma in fondo è una canzonetta salvata da un bell’arrangiamento e da grandi parti vocali.

9) La conclusiva The Lady In My Life è una romantica ballata dalla struttura molto interessante: piuttosto teatrale, la canzone si arricchisce di parti strumentali e sequenze melodiche mentre procede nel corso dei suoi cinque minuti, col finale che ha ormai raggiunto tonalità funky.

Ed eccoci quindi al materiale aggiuntivo – vecchio & nuovo – per questa lussuosa riedizione…

10) Vincent Price Excerpt From “Thriller” Voice-Over Session è un breve brano di soli ventiquattro secondi dove si ascolta la sola voce del celebre attore, in particolare la sua nota risata finale. Niente di che, a dire la verità, era molto meglio l’altra Voice-Over Session inclusa nella riedizione del 2001 di “Thriller”, con l’incisione completa del ‘rap’ di Vincent e parti inedite che figuravano lo stesso Michael.

11-12) The Girl Is Mine 2008 e P.Y.T. 2008 sono due remix affidati a will.i.am dei Black Eyed Peas e sono i nuovi lavori aggiuntivi più memorabili presenti qui. Sono pezzi gradevoli che pur discostandosi parecchio dalle registrazioni originali del 1982 danno nuova personalità allo stile delle canzoni. In particolare, regge bene il rap di will.i.am e dei suoi vocalizzi sulla base hip hop della nuova The Girl Is Mine, nella quale si sente la sola voce solista di Michael che ricanta anche quelle parti originariamente affidate a Paul.

13) Wanna Be Startin’ Somethin’ 2008 è remixata da Akon e cantata dallo stesso in duetto con Michael. Non una versione particolarmente malvagia – ai fan di Akon dovrebbe piacere, dato che la parte del leone la fa lui, aggiungendovi anche nuove parti di testo – ma in fondo inutile se paragonata alla canzone originale.

14) Beat It 2008 è il terzo remix affidato a will.i.am anche se la nuova rivisitazione è accreditata alla collega Fergie (la bella cantante degli stessi Black Eyed Peas) che duetta con quelle che mi sembrano le parti vocali di Michael dell’82. Il pezzo è grintoso, non molto diverso dalla versione originale… ma del tutto inutile, dato che l’originale è una bomba!

15) Billie Jean 2008 è l’ultimo nuovo remix in programma, in questo caso affidato a Kanye West: anche qui la versione originale è una bomba e ci sarebbe ben poco da fare, tuttavia a West va il merito d’aver provato ad attualizzarne il sound (una sorta di secco ma melodico hip-hop) pur mantenendo integro l’arrangiamento originale orchestrale. Un remix fatto abbastanza bene, secondo me.

16) La conclusiva For All Time dovrebbe essere l’extra più ghiotta per i fan jacksoniani di lunga data: una canzone inedita risalente alle sedute di registrazione dell’epoca. Tuttavia il brano non suona affatto nuovo, o almeno non completamente, dato che si tratta infatti d’una versione – presumo precedente – di Human Nature: testo e ritornello sono diversi, però la struttura del pezzo, il suo andamento melodico e la strumentazione impiegata sono gli stessi. Ciò non toglie che For All Time resta una canzone molto gradevole che forse avrebbe meritato una pubblicazione quantomeno su qualche lato B di uno dei singoli originali.

Eccoci infine al dvd… mi aspettavo qualcosina in più, non so, un’intervista o un documentario in aggiunta, anche se l’inclusione del videoclip originale di Thriller, quello con gli zombi diretto da John Landis nel 1983, forse basta da solo a giustificarlo. Gli altri filmati presenti sono quelli girati per Billie Jean e Beat It – videoclip famosi quasi quanto le due stesse canzoni – ma il più notevole resta l’esibizione del nostro per il venticinquennale della Motown nel 1983, dove un Michael dalla forma strepitosa balla & canta sulla base in playback di Billie Jean e introduce all’estasiato pubblico il suo celebre moonwalk per la prima volta. Davvero una roba da brividi, penso che i fortunati presenti in quella serata se la ricordino ancora!

Piaccia o no, “Thriller” è un album epocale, il disco pop per eccellenza degli anni Ottanta ed è il primo album di musica leggera che ha portato la musica nera alle grandi masse bianche: è giusto tributarne i dovuti onori anche se resta il forte dubbio che Michael (e la potente etichetta Sony-BMG) l’abbia reimmesso sul mercato più per i soldi che per reali intenti celebrativi. Non so se andrò a comprarmi questa terza edizione del classicissimo jacksoniano: venti euro non sono pochi ma nemmeno molti se si considera che con quei soldi ci portiamo a casa un pezzo di storia della musica moderna in una confezione che al momento rappresenta la migliore mai pubblicata. Non so, aspetterò di riconsegnare al suo proprietario la copia che sto ascoltando in questi giorni… se in seguito mi dovesse mancare, il negozio di dischi è vicino…

– Matteo Aceto

Lionel Richie

lionel-richieHo sempre amato la black music, mi mette istintivamente felicità, mi dà coraggio, mi dà speranza e, cosa sempre gradita, mi diverte & m’emoziona. La storia della black music è piena di grandi personaggi, di grandi artisti, di persone importantissime & influenti che hanno avuto molto più peso di quello che il grande pubblico bianco appassionato di musica sia pronto a riconoscere. Uno di questi grandi artisti neri, uno di quelli che mi sono sempre piaciuti, è Lionel Richie, sia come cantante dei Commodores e sia come affermato solista.

Sia a nome Commodores che a nome Lionel Richie, il nostro sarà eternamente ricordato per aver dato alle stampe almeno due classici intramontabili, rispettivamente, quella stupenda ballata chiamata Easy e quell’hittone danzereccio chiamato All Night Long. E’ inoltre coautore, assieme a Michael Jackson, della ormai storicissima (e superlativa) We Are The World. Insomma, basterebbero solo queste tre canzoni per far capire chi sia Lionel Richie…

La carriera professionale del buon Lionel Brockman Richie (20 giugno 1949… 20 giugno, la mia stessa data di nascita… un altro motivo per cui lui mi sta simpatico) prende avvio al principio degli anni Settanta, come tastierista e principale cantante dei Commodores, un gruppo appartenente alla formidabile scuderia Motown (che resta una delle case discografiche più prestigiose del mondo), pensato come supporto dei Jackson 5, in quel periodo gli artisti di maggior successo della stessa Motown. In realtà i Commodores, parallelamente ai Jackson 5 (che a metà anni Settanta passano alla CBS e assumono il nome di The Jacksons), si riveleranno molto più d’una semplice band di supporto in chiave funk, bensì una macchina sforna hit melodici & indimenticabili. Ecco quindi celebri canzoni come Just To Be Close To You (1976), la già citata Easy (1977), Three Times A Lady (1978), Sail On (1979) e Still (1979), tutte firmate dal solo Lionel, che si toglie pure lo sfizio di scrivere Lady, un hit da primo posto nella classifica americana per l’artista country Kenny Rogers. Nel 1981, invece, Lionel Richie duetta con la grande Diana Ross in una canzone da lui composta, la romantica & splendida Endless Love, colonna sonora del film omonimo e altro numero uno in classifica.

Per un talento come quello di Lionel Richie, senza nulla togliere agli altri bravissimi musicisti & autori in seno ai Commodores, intraprendere la carriera solista era solo una formalità (seppur, a quanto dichiarato dal nostro, presa non proprio a cuor leggero). Ecco quindi una trilogia di album firmati Lionel Richie che faranno la sua grande fortuna nel corso degli anni Ottanta e lo porteranno sulla vetta degli artisti più famosi e di successo di quel decennio: l’omonimo “Lionel Richie” del 1982, l’ormai classico “Can’t Slow Down” del 1983 e “Dancing On The Ceiling” del 1986, tutti contenenti hit famosi e bellissimi quali Truly (1982), All Night Long (1983), Hello (1983), Running With The Night (1983), Penny Lover (1983), Say You, Say Me (1985), Dancing On The Ceiling (1986) e pure qualcun altro che ora mi sfugge.

Sono anni, gli Ottanta, dove Lionel Richie si diverte anche a collaborare con gli artisti più disparati (diversi di essi cantano/suonano proprio nei suoi pezzi): oltre al già citato Michael Jackson e all’imponente progetto di USA For Africa legato al singolo We Are The World (1985), Lionel collabora con Joe Walsh degli Eagles, con Eric Clapton, con Joni Mitchell, col bassista Nathan East, col tastierista Greg Phillinganes, col percussionista Paulinho Da Costa e con altri musicisti d’eccezione.

Con l’arrivo degli anni Novanta, Lionel si ritira maggiormente dalle scene, seppur pubblichi due album in quel decennio, “Louder The Words” (1996) e “Time” (1998), e finora tre in questo decennio, “Renaissance” (2001), “Just For You” (2004) e “Coming Home” (2006). In questa produzione più recente del nostro non mancano le collaborazioni importanti e, soprattutto, le belle canzoni… insomma, pur se Lionel Richie sia maggiormente conosciuto come un artista legato agli anni Settanta e Ottanta, non ha perso nulla della sua innata classe.

Per questo, a chi ha voglia di saperne di più, consiglio una bella doppia raccolta intitolata “The Definitive Collection”, comprendente la produzione solista e commodoriana di Lionel dal 1974 al 2002: con un po’ di fortuna, in alcuni centri commerciali la si trova anche a dieci euro… due ciddì pieni di belle canzoni, a cinque euro l’uno, mi pare proprio un ottimo affare! – Matteo Aceto