Pet Shop Boys, “Behaviour”, 1990

pet-shop-boys-behaviour-immagine-pubblicaQuarto album da studio dei Pet Shop Boys, “Behaviour” è il disco più raffinato e forse più memorabile del celebre duo elettropop inglese. E’ anche l’album (ma questo è il meno importante dei dati) che più apprezzo fra quelli incisi dalla premiata ditta Neil Tennant & Chris Lowe. Nel complesso, “Behaviour” presenta un sound molto meno danzereccio del solito ed è caratterizzato da un’atmosfera più riflessiva ed intimista.

Si parte con la dance malinconica di Being Boring, uno dei quattro singoli estratti da quest’album. Un ritmo morbidamente avvolgente, cantato da un Tennant rilassato e a suo agio su una base di elegante pop d’autore. Being Boring è una di quelle canzoni che forse non colpiscono all’istante, pur rivelandosi fin da subito interessante: ascolti successivi dovrebbero però renderla molto piacevole all’ascoltatore.

Segue quella che per me è la canzone più bella del disco, This Must Be The Place I Waited Years To Leave, dalla melodia tanto malinconica quanto epica. Con Johnny Marr degli Smiths alla chitarra, Angelo Badalamenti alla conduzione dell’orchestra e Chris Lowe alle prese con delle ottime parti di tastiera, This Must Be The Place è un ascolto molto emozionante e assolutamente coinvolgente, fra le migliori cose mai registrate dai Pet Shop Boys.

Poi è la volta della lenta e romantica To Face The Truth: l’inizio mi piace tantissimo, con quel breve coretto seguìto da spezzate ma morbide percussioni elettroniche. Su tutto la voce in falsetto di Neil, forse la cosa più evidente se volessimo descrivere un ‘pet shop boys sound’. Complessivamente, To Face The Truth resta una magistrale ballata d’atmosfera.

Segue un altro singolo, How Can You Expect To Be Taken Seriously?, dalla ritmica ben più imponente del brano precedente e vagamente rock. E’ un sound che si discosta leggermente dalla tipica musica petshopboysiana eppure è molto caratterista di questa band ed è perfettamente riconoscibile già al primo ascolto.

Con la riflessiva Only The Wind ritroviamo un’atmosfera più quieta e introspettiva ma anche la conduzione orchestrale di Badalamenti. L’elegante Only The Wind è un’autentica perla: non solo si pone come fra i pezzi migliori di questo album ma, a mio avviso, resta una delle canzoni migliori dei Pet Shop Boys.

My October Symphony è una lieve e delicata cavalcata pop, dove ritroviamo Johnny Marr alla chitarra. Sarà la suggestione del titolo ma in effetti siamo alle prese con un brano piacevolmente autunnale, quasi un accompagnamento allo scorrere del tempo che volge verso l’inverno. Bello l’accompagnamento orchestrale dell’Alex Balanescu Quartet, che si ritaglia uno spazio tutto suo in coda alla canzone.

So Hard, primo singolo tratto da “Behaviour”, presenta invece un arrangiamento più tipico dei Pet Shop Boys, a metà fra il pop d’autore e le atmosfere più marcatamente dance. Per certi aspetti, un pezzo come So Hard stona un po’ con gli altri, tuttavia la sua bella esecuzione – sia strumentale che vocale – fa di questa canzone una delle più coinvolgenti mai realizzate dai nostri.

Il lento pulsare di Nervously ci introduce quella che è una ballata elettronica di grande atmosfera, un brano molto intenso che ci regala un’indimenticabile parte vocale di Neil. Segue The End Of The World, un altro brano dagli accenti più danzerecci, ma pur sempre in linea col sound complessivo di “Behaviour”. E’ una canzone gradevolmente coinvolgente che avrei forse preferito ascoltare per ultima nel disco in questione.

La conclusiva Jealousy, anch’essa estratta come singolo, è un’altra ballata elettronica, decisamente più epica (soprattutto nel maestoso finale) di quelle finora incontrate. Apparsa per la prima volta su “Behaviour” nel 1990, Jealousy è però una delle prime canzoni scritte dai Pet Shop Boys, risalente, se non erro, al 1983. Pare che il nostro duo voleva interpretarla con Ennio Morricone ma che infine la collaborazione è saltata per impegni da parte del leggendario compositore italiano. La collaborazione sarà tuttavia soltanto rimandata, al 1987, per un brano dell’album “Actually”… ma questa è già un’altra storia. – Matteo Aceto

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Pet Shop Boys

pet-shop-boys-immagine-pubblicaFin da bambino, diciamo da quando guardavo un programma chiamato “Dee Jay Television” su Italia 1, conosco questo nome, Pet Shop Boys, ricordandomi perfettamente alcuni loro successi degli anni Ottanta (It’s A Sin, West End Girls, la cover di Always On My Mind e Domino Dancing). Devo dire che mi sono sempre piaciuti i Pet Shop Boys, apprezzavo molto quelle epiche sonorità elettroniche unite a quella voce leggermente nasale ma assolutamente inconfondibile. I loro album di quegli anni li ho tutti, quelli successivi mi mancano perché le mie orecchie hanno prestato interesse ad altre sonorità. Tuttavia, una parte del mio cuore è stata sempre riservata ai Pet Shop Boys, perciò ora mi preme di scrivere le loro gesta in questo blog.

Dunque, la band, un duo inglese composto dal tastierista Chris Lowe e dal cantante Neil Tennant, si forma al principio degli anni Ottanta: i due si erano conosciuti in un negozio di materiale elettronico, forse perché lo stesso Lowe ne era il commesso (di quest’ultimo dettaglio non ne sono certissimo, comunque). Adottano il nome Pet Shop Boys anche perché, a detta loro, aveva un che di rap… ed è proprio una sorta di rap (su una irresistibile base elettronica) il loro primo singolo, West End Girls, brano che è ormai diventato un classico degli anni Ottanta. West End Girls uscì per la prima volta nel 1984 ma non ottenne il risultato sperato, mentre una successiva rielaborazione, pubblicata nel corso del 1985, lo proiettò al 1° posto della classifica inglese. Il debutto su album dei nostri, tuttavia, avvenne l’anno dopo, con l’album “Please”, al quale fece seguito qualche mese dopo un album di remix, “Disco”. Oltre al rifacimento di successo di West End Girls, “Please” contiene altri tre singoli memorabili quali Suburbia, Opportunities (Let’s Make Lots Of Money) e Love Comes Quickly.

I successi dei Pet Shop Boys nelle due classifiche riservate ai singoli e agli album vengono replicati nel 1987, con la superba It’s A Sin e l’album “Actually”, che la contiene. Questo secondo album dei Pet Shop Boys include pure i singoli Rent, What Have I Done To Deserve This? (un duetto con Dusty Springfield) e Heart, oltre a It Couldn’t Happen Here, una collaborazione dei nostri con Ennio Morricone.

Nel 1988 i Pet Shop Boys, sempre all’avanguardia in fatto di sonorità, abbracciano la nascente scena house e pubblicano un album di gran classe a dir poco sbalorditivo, “Introspective”, mentre nel lavoro successivo, “Behaviour” (1990), introducono degli arrangiamenti per vere orchestre, percussioni e chitarre (gli ospiti più illustri sono il compositore Angelo Badalamenti e l’ex Smiths Johnny Marr).

Nel 1991 esce una bellissima raccolta antologica, “Discography”, contenente i diciotto singoli inglesi pubblicati fra il 1985 e il ’91, mentre nel 1993 i Boys tornano alla grande con l’album “Very”, quello contenente il famoso rifacimento dei Village People, Go West. Nel 1994 esce un secondo capitolo dedicato ai remix, vale a dire “Disco 2”, mentre nel ’95 è la volta di “Alternative”, un’interessante doppia raccolta dedicata ai lati B dei singoli e agli inediti.

Nel 1996 esce quindi il sesto album dei nostri, “Bilingual”, anticipato dal singolo Before. “Bilingual” è un disco assai gradevole che strizza l’occhio al nascente revival (almeno in Europa) della musica latina ma è anche l’ultimo album dei Pet Shop Boys a destare curiosità anche fra i non appassionati al genere. Da questo punto in poi, infatti, la carriera dei Pet Shop Boys (che non conoscerà mai momenti bassi, questo è da dire) sarà un po’ più ‘sotterranea’ e dedicata ad un pubblico più ristretto. Il seguito di “Bilingual” vede la luce nel 1999, ovvero “Nightlife”, quello contenente la malinconica ma bellissima I Don’t Know What You Want But I Can’t Give It Anymore e l’allegra e villagepeoplesca New York City Boy.

Nel 2002 è la volta di “Release”, un album che esplora territori più acustici, mentre nel 2005 esce la colonna sonora curata dagli stessi Pet Shop Boys per lo storico film muto “La corazzata Potemkin”. Il nuovo album da studio dei nostri, “Fundamental”, esce invece nel 2006, un disco che ci riporta a sonorità volutamente più retrò. Negli ultimi anni, tuttavia, sono uscite diverse compilation interessanti, fra le quali la stupenda doppia raccolta antologica “PopArt” (2003), il terzo album di remix “Disco 3” (2003) e il live “Concrete” (2006).

C’è da segnalare, infine, la carriera parallela dei Pet Shop Boys, vale a dire quella di scrittori, produttori e remixer di canzoni per altri artisti: qui mi limito a citare gli Eighth Wonder di Patsy Kensit (quelli di I’m Not Scared), Tina Turner, Liza Minnelli, Boy George, David Bowie e Robbie Williams. – Matteo Aceto