Ritorni parziali

alice-in-chainsMai come negli ultimi anni si sono visti ritorni (più o meno illustri) di band attive in un passato più o meno recente. Ha fatto clamore, per esempio, la reunion dei Police nel 2007, generando un fortunatissimo tour mondiale conclusosi lo scorso agosto. La formazione dei Police era quella classica, quella storica di sempre, vale a dire Stewart Copeland, Sting e Andy Summers. Stessa cosa si può dire dei Sex Pistols, che nella formazione originale composta da John Lydon, Steve Jones, Paul Cook e Glen Matlock è tornata a proporre dal vivo il suo punk irriverente in giro per il mondo.

Negli ultimi anni si sono riviste in azione le formazioni originali anche nel caso dei Duran Duran, degli Eagles (vabbé mancava Don Felder ma non se n’è accorto nessuno), dei Genesis formato trio, dei Cream, dei Verve, degli Stone Temple Pilots, ma anche dei Take That (quelli dell’ultima formazione, senza Robbie Williams), delle Spice Girls e addirittura degli Yazoo. Anche la classica formazione a quattro dei Pink Floyd, seppur per il solo evento benefico del Live Eight. Tuttavia non è stato affatto infrequente il caso di nomi celebri che, resuscitati dal passato fra mille clamori, presentavano in realtà solo alcuni dei componenti originali della band, con gli altri a volte rimpiazzati da autentici sconosciuti. E’ il caso dei Supertramp, degli Who, dei Queen, dei Guns N’ Roses, dei Cult, degli Smashing Pumpkins, dei Led Zeppelin, degli INXS e recentemente degli Alice In Chains (nella foto).

E’ proprio di questi giorni, infatti, la notizia che gli Alice In Chains, dopo essersi riformati qualche anno fa per una serie di concerti, stanno per tornare con un nuovo album di materiale inedito, il primo dai tempi dell’album eponimo del 1995: il tutto dopo aver superato lo shock della morte del cantante Layne Staley nel 2002 e l’ingaggio d’un suo sostituto, lo sconosciuto (a me) William Duvall.

Ora, da gran patito di musica ma anche di storia & storiografia, mi chiedo che legittimità abbiano queste reunion parziali, questi acclamati ritorni che figurano due o a volte anche uno solo dei componenti originali di un gruppo. A giudicare da quello che è successo ai Queen – che non solo hanno continuato senza Freddie Mercury rimpiazzandolo con Paul Rodgers, ma hanno serenamente fatto a meno di John Deacon – e dal successo che hanno ottenuto nei loro ultimi tour in giro per il mondo, penso che la differenza la faccia il celebre marchio: non importa chi vi sia dietro, quali musicisti stanno effettivamente suonando sul palco, ciò che conta è la consapevolezza che stiamo assistendo al concerto di un celebre nome del rock.

E così benvengano due Queen originali su quattro, due Who su quattro, due Doors (con buona pace di quelli che dicono che Jim Morrison sia ancora vivo) su quatro, due Smashing Pumpkins su quattro, tre Alice In Chains su quattro, ma anche un solo Guns N’ Roses su cinque. E’ ovvio che fa sempre piacere sentire dal vivo le nostri canzoni preferite anche se nel gruppo ricomposto c’è un solo ‘vecchio’ ma, non so, mi sembra che tutto questo revival sia poco dettato dalla nostalgia. Il vero motivo, secondo la mia modesta opinione, è uno solo, il più classico: i soldi. Unito ad un altro di fondo… la mancanza di coraggio, di andare avanti per la propria strada con progetti solistici che spesso & volentieri hanno molta più dignità di questi ritorni parziali. A questo punto lasciamo pure che Paul McCartney, dopo essersi assicurato Ringo Starr alla batteria, se ne vada in giro con una band facendosi chiamare The Beatles. Non se ne scandalizzerebbe quasi nessuno e gli stadi sarebbero pieni.. beh, forse in quel caso, mascherato & mimetizzato fra la folla urlante, ci sarebbe anche il sottoscritto. – Matteo Aceto

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Alice In Chains

alice-in-chains-immagine-pubblicaAlice In Chains, un nome che conosco fin dai primi anni Novanta, quando, da poco interessato al rock, leggevo sulle riviste di questa band assieme ad altre che in quegli anni calcavano le scene & dominavano le classifiche angloamericane: Nirvana, Pearl Jam, Soundgarden, Jane’s AddictionThe Stone Roses, Smashing Pumpkins, Red Hot Chili Peppers e altre ancora. Ne sentivo parlare sempre bene, di questi Alice In Chains, e per anni ho mantenuto l’intenzione di ascoltarmi la loro musica come si deve. Ma poi passa oggi e passa domani e così arriva il nuovo decennio, dove la band di Seattle non è più in attività. Acquisto allora la raccolta “Greatest Hits” (2001) che, seppur contenente solo dieci canzoni, mi fa innamorare di quelle sonorità: cupo hard rock, atmosfere tese e taglienti, un senso di rabbia e di desolazione che sembra trasudare da ogni brano. Le canzoni che mi colpiscono all’istante sono Man In The Box (formidabile!), Angry Chair (quasi gotica), Would? (bella potente), I Stay Away (magnifica) e Grind (sporca e tosta).

Il mio entusiasmo è così grande che qualche anno dopo vado anche a comprarmi “Unplugged” (1996), l’esibizione del ’96 che gli Alice In Chains realizzarono per la nota trasmissione di MTV. Bel disco pure questo, non c’è che dire. Nel frattempo, purtroppo, nell’aprile 2002 muore Layne Staley, il tormentato cantante della band (foto sopra), tossicodipendente cronico da anni. Una fine ingloriosa, della quale preferisco non parlare… mi dispiacque molto, davvero.

Più tardi un mio amico mi prestò un mini album degli Alice In Chains, “Jar Of Flies” (1994), un EP contenente sette canzoni, perlopiù acustiche. Gran bel disco anch’esso che m’ispira un’idea diabolica: comprare tutti gli album degli Alice In Chains, che non sono poi molti… “Facelift” (1990), un altro mini chiamato “SAP” (1991), “Dirt” (1992) e l’omonimo “Alice In Chains” (1995). Ci sarebbe anche “Above”, un disco che lo sfortunato Staley ha realizzato come Mad Season in compagnia di altri musicisti della scena rock di Seattle, tra cui Mike McCready dei Pearl Jam.

Poi però scopro l’oggetto delle meraviglie: il cofanetto antologico degli Alice In Chains, “Music Bank” (1999), composto da tre CD e un DVD che ripercorre la carriera audiovisiva dei nostri. Prenderò questo, appena ne avrò la possibilità monetaria, si capisce…

Ora una breve biografia sugli Alice In Chains: la band si forma a Seattle sul finire degli anni Ottanta dall’incontro tra Layne Staley e Jerry Cantrell (chitarrista e principale autore delle canzoni), ai quali si aggiungono di lì a poco il bassista Mike Starr e il batterista Sean Kinney. Il debutto discografico degli Alice In Chains avviene nel 1990 con l’EP “We Die Young” ma nel corso del ’92 la band vede l’abbandono di Kinney, il quale verrà così rimpiazzato da Mike Inez. Gli Alice In Chains riscuoteranno un enorme successo nel corso degli anni Novanta, sia da parte del pubblico (soprattutto quello statunitense) che della critica, tuttavia la loro attività concertistica sarà sempre piuttosto limitata a causa delle precarie condizioni di salute di Layne Staley.

Dopo il fattaccio dell’aprile 2002, ovviamente la band si scioglie (anche se, in pratica, s’era già sciolta molto tempo prima) con Jerry che va avanti come solista. Qualche anno dopo, gli Alice In Chains, nella formazione Cantrell-Starr-Inez, effettueranno una performance per raccogliere fondi a favore delle vittime dell’uragano Katrina e successivamente, nel corso del 2006, daranno vita ad un breve tour con un nuovo cantante, William Duvall… sono stati anche a Milano, nell’estate 2006, in occasione del noto festival Gods Of Metal. Ora, per gli Alice In Chains, si prospetta un ritorno in grande stile per il 2009, con tanto di nuovo album, il primo da quello eponimo del 1995. [ultimo aggiornamento: 19 settembre 2008] – Matteo Aceto